giovedì 18 dicembre 2008

il PD nel futuro

Il breve articolo che qui riporto mi è giunto inaspettato; credo sia stato scritto nel dicembre del 2009.

La Direzione del Partito democratico del 19 dicembre 2008 sorprese molti osservatori e suscitò una grande emozione. Con una relazione di appena dodici minuti, Walter Veltroni annunciò lo scioglimento immediato del Pd e la decisione unanime e irrevocabile di tutti i leader del partito di ritirarsi a vita privata (fatto salvo il mandato parlamentare, che avrebbero continuato ad esercitare, se lo desideravano, in forma strettamente personale). La discussione che ne seguì fu breve: troppa l'angoscia nei cuori di alcuni, e troppa la gioia nel petto di altri per consentire un "dibattito approfondito" – per usare la terminologia dell'epoca – sul futuro del partito. Nel giro di un paio d'ore, il Pd dunque si sciolse. E poiché la decisione dei leader di ritirarsi dalla ribalta era da considerarsi immediatamente esecutiva, nessuno di loro – neppure il segretario Veltroni – dichiarò alcunché ai giornalisti e alle telecamere: con il risultato che quel giorno i tg, e l'indomani i quotidiani, ebbero tra le mani una notizia di primaria grandezza, senza tuttavia nessuno dei protagonisti che la commentasse: giusto il contrario di quanto si erano abituati a fare. Un commentatore vide in questo fenomeno inedito un primo effetto positivo della clamorosa decisione assunta dal Pd.

Nel paese si diffuse dapprima un'ondata di sconcerto, poi di dilagante depressione, e infine di euforia. Euforici furono fin dall'inizio, e per ovvi motivi, i sostenitori di Berlusconi (sebbene né Letta né Tremonti, per citare i patriarchi delle due principali scuole di pensiero unico, non mancassero di manifestare il proprio disappunto); ma euforici divennero ben presto anche quelli di sinistra: i più incoscienti si dicevano convinti che presto anche il Popolo delle libertà avrebbe scelto l'autoscioglimento; i più spregiudicati brindavano alla sparizione dei loro leader; i più sensibili si sentivano infine liberati dalla sofferenza cui lo spettacolo della sinistra li aveva finallora esposti; i più comunisti giuravano sull'esistenza di un "piano B" che avrebbe presto ricostituito il Partito, e si dichiaravano senz'altro pronti; i più cattolici ne approfittarono per ritrovare un cammino di fede. Ciascuno, insomma, aveva un motivo per festeggiare.

L'euforia divenne sfrenatezza quando, la notte di Natale, annunciarono l'autoscioglimento tutte le organizzazioni della sinistra ancora esistenti: Rifondazione, la Sinistra democratica, il Pdci, i Verdi, il Ps e financo "Sinistra critica" e il Partito comunista dei lavoratori seguirono il destino del Pd. I loro dirigenti, del resto, si erano già parzialmente eclissati dopo la disfatta elettorale della primavera; soltanto Diliberto obiettò che non si poteva lasciare il campo libero alla destra, ma nessuno gli prestò ascolto.

Decidendo di sciogliersi, del resto, la sinistra organizzata non lasciava alla destra alcun campo che questa già non avesse conquistato; in Parlamento i deputati e i senatori eletti nelle liste del Pd che avevano deciso di non dimettersi partecipavano liberamente ai lavori e votavano secondo coscienza, astenendosi tuttavia dal rilasciare dichiarazioni pubbliche di alcun tipo. Anche i parlamentari e i ministri del centrodestra, col tempo, diminuirono la loro presenza mediatica; soltanto Di Pietro, animato da un giusto desiderio di primeggiare, lamentava di non venir invitato abbastanza frequentemente a "Porta a porta". Ma nessuno, in realtà, era davvero preoccupato. Poiché infatti tutti sapevano perfettamente che il governo Berlusconi sarebbe in ogni caso rimasto in carica fino alla sua scadenza naturale nella primavera del 2013, era altrettanto chiaro a tutti che la presenza o meno del Pd non avrebbe fatto una gran differenza. O meglio: avrebbe inesorabilmente danneggiato, come in effetti era avvenuto fra le elezioni di aprile e lo scioglimento del partito a dicembre, più la sinistra che la destra, più l'opposizione che la maggioranza.

Diversi leader del centrosinistra cambiarono nel frattempo lavoro, con grande soddisfazione personale: Veltroni, per esempio, accettò l'invito di Gianni Amelio e del sindaco Chiamparino a dirigere il Torino Film Festival, mentre D'Alema fu acclamato alla presidenza dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alle elezioni europee – che peraltro non contano nulla, come ebbe a notare un autorevole quotidiano – votò poco più del 40% degli aventi diritto; il Pdl superò il 60% dei voti validi e Berlusconi ne fu talmente felice da contagiare persino molti degli astenuti; l'Italia dei Valori raggiunse il 20%; l'Udc e qualche lista fai-da-te si spartirono il resto.

Nel frattempo, però, fra le centinaia di migliaia di (ex) militanti della sinistra rimasti senza partito si andava velocamente sviluppando un fenomeno curioso: finalmente sollevati dal dover seguire, vergognandosene, uno scontro sempre più astratto e sempre più incomprensibile fra i loro leader, i militanti avevano felicemente ricominciato a fare i militanti: cioè a convocare riunioni, a organizzare comitati di cittadini per questo o quell'obiettivo, a volantinare nei mercati, a prendere la parola nelle scuole, negli uffici, nelle fabbriche. Liberi da un gruppo dirigente prigioniero del castello incantato del rancore, i militanti discutevano – senza mai chiamarli così – i "problemi concreti" che in tutti quegli anni si erano persino dimenticati esistessero. Nacquero così come funghi, in parte su impulso di ex iscritti al Pd e in gran parte ad opera di cittadine e cittadini qualunque, centinaia di club, circoli, comitati e gruppi impegnati chi nella difesa dei ragazzi dei call center e chi nella bonifica di un fiume, chi nel riconoscimento dei diritti degli omosessuali e chi nella libertà di ricerca scientifica, chi nella tutela della salute in fabbrica e chi nel volontariato fra gli extracomunitari.

L'estate passò veloce, e in autunno i circoli e le associazioni erano già migliaia. A qualcuno venne l'idea di fare un congresso per ritrovarsi e discutere tutti insieme. Qualcun altro ricordò che anche il Psi, che fu il primo partito della sinistra, era nato in un modo simile nel lontano 1892, unendo le leghe, le società di mutuo soccorso, le cooperative e i circoli operai sorti spontaneamente per l'Italia. Per questo si decise di tenere simbolicamente a Genova, sabato 14 novembre 2009, il primo congresso della rinata sinistra italiana. E quando si trattò di trovare un nome al nuovo partito, venne spontaneo chiamarlo Partito socialista.
Fabrizio Rondolino

Un cadavere collettivo da sgombrare - di A. Romano

Dopo il tonfo d’Abruzzo sulla strada del PD c’è un cadavere da sgombrare, ma non è quello del solito Veltroni. È il corpo inerte e collettivo di quello che dovrebbe essere un gruppo dirigente, se solo mostrasse di reagire agli eventi come un qualsiasi essere vitale. Al vertice del PD si attende invece il compiersi della catastrofe nella più totale passività, perché ognuno è convinto di poter ricavare il proprio piccolo tornaconto dal corso naturale degli eventi.

Entro un anno, forse meno, Veltroni sarà accompagnato alla porta ma potrà dire di essere stato proditoriamente sconfitto dalla “vecchia politica”. D’Alema avrà insediato alla guida dei resti del PD un suo fedele, se non sarà diventato lui stesso il capo di una nuova, piccola formazione di postcomunisti vecchi e nuovi. Rutelli sarà uscito dalla sezione italiana del PSE per riunirsi con popolari e centristi, e via di questo passo. Naturalmente questo venerdì, alla riunione della Direzione, ascolteremo riflessioni completamente diverse. Da Veltroni la fantasia del Lingotto 2, da D’Alema la litania del “solido investimento” su Veltroni, da Rutelli chissà. Ma fuori dalle stanze nelle quali si reciterà l’ennesimo episodio di una fiction ormai surreale, resterà di fronte agli occhi di qualsiasi elettore o simpatizzante lo spettacolo di un partito che si avvia a frantumarsi entro pochi mesi.

Un cadavere collettivo da sgombrare, dunque, per impedire che la storia del Partito democratico resti quella brevissima di un esperimento di giustapposizione oligarchica naufragato dopo pochi mesi. Sì, ma chi dovrebbe provvedere alla rimozione? Nei partiti normali, quelli dove si coltiva con cura la crescita delle nuove leve, sono gli aspiranti dirigenti che ad un certo punto sollevano di peso i responsabili dei fallimenti. Nel PD nostrano dobbiamo invece ascoltare la predica sul “rinnovamento dei dirigenti” venire ieri da D’Alema e oggi da Goffredo Bettini, colui che per vent’anni ha presidiato immobile la sinistra romana e che più di recente ha scolpito le regole auree della catastrofe veltroniana. Cominciasse da se stesso a rinnovare i dirigenti, viene naturalmente da dire. Ma un secondo dopo occorre pensare a soluzioni pratiche e realistiche, che facciano immaginare un esito diverso dall’autodistruzione del PD programmata per il giorno dopo le elezioni europee.

Quella soluzione esiste e Veltroni la conosce benissimo. Consiste nell’annunciare già oggi che il prossimo candidato premier espresso dal PD non sarà lui né D’Alema, né Rutelli né qualsiasi altro esponente di un gruppo che ha da tempo esaurito la propria capacità di apprendimento e innovazione. E nel dare a questo PD un anno di tempo per discutere a fondo della propria linea e soprattutto della persona che dovrà incarnarla. Perché nella politica occidentale non esistono leader per tutte le stagioni né linee che possano essere disgiunte da una leadership in grado di difenderle e rappresentarle. Sarebbe un anno per permettere al PD di trovare una guida adeguata, affidando al conflitto politico aperto la funzione di far emergere alla luce del sole quella personalità che certamente esiste tra i molti suoi dirigenti nazionali e periferici. Un anno che potrebbe essere impiegato molto più utilmente che non alternando all’infinito, come avviene in queste settimane, un conflitto impolitico e tribale all’esortazione bacchettona e stucchevole a “non farsi del male”. Un anno, infine, che gli stessi Veltroni e compari potrebbero utilizzare per dedicarsi al confronto politico liberi dall’ingombro della leadership. Non gli si chiede di andare in pensione (anche se non sarebbe un’idea poi così pessima) ma di dedicarsi alla politica dalle seconde file, come qualsiasi ex prim’attore rimasto notabile disarmato.

Sarebbe una scelta ragionevole e realistica per qualsiasi gruppo dirigente che volesse garantire un futuro al partito che si trova a guidare. Ma c’è un solo, grande impedimento. Rischia di non esserlo affatto per chi ha ormai fatto della propria sopravvivenza l’unico criterio di ragionevolezza. Ed è appunto questa la ragione per cui discutiamo di cadaveri da sgombrare, invece che di prospettive politiche.

Un codice etico per chi si candida

Per poter entrare a far parte dello staff di Obama bisogna rispondere a 63 domande molto precise sulla propria carriera, gli incarichi ricoperti, le partecipazioni a società, gli elementi di un possibile conflitto di interessi, le proprie attività in ambito associativo, sindacale, di categoria.

Informare circa le proprie attività finanziarie, le proprietà di cui si dispone, la propria situazione fiscale (ed eventuali mancanze e debiti contratti e multe ricevute), gli eventuali procedimenti amministrativi o legali nei quali si è (o si è stati) coinvolti.





E ciò vale per sé e per la propria famiglia, a cominciare dalla propria compagna o dal proprio compagno. Domande che riguardano anche le modalità di assunzione della persona che aiuta in casa, sia una colf o una badante, il rispetto del pagamento dei contributi dei dipendenti, il possesso di armi. Un'autocertificazione di grande serietà, in cui indicare tutto di se stessi, per evitare che l'amministrazione eletta sia in qualsiasi modo toccata o messa in imbarazzo.

Ora, non è probabilmente il caso di passare dal modello del «non fa niente» attualmente vigente in Italia a domande così numerose, ficcanti e circostanziate. Ma non sarebbe male introdurre un piccolo codice etico di ingresso, con informazioni da rendere note al partito che ti candida e agli elettori che ti sceglieranno (soprattutto se le liste, come nel caso delle politiche, sono bloccate). Cinque cose da dichiarare, perché tutti sappiano chi votano e di cui chi si candida si assume tutte le responsabilità.

Cinque regole per non avere imbarazzi, né da parte del candidato, né da parte degli elettori. Per esempio queste: 1. Dichiarare gli incarichi lavorativi, le associazioni a cui si aderisce, l'attività politica e sindacale svolta. 2. Dichiarare eventuali precedenti con la giustizia o con il fisco, segnalando il reddito proprio e della propria famiglia, nonché le proprietà di cui, direttamente o indirettamente, si dispone. 3. Dichiarare di essere in regola con tutte le norme che riguardano il mercato del lavoro e i diritti dei lavoratori, per i propri collaboratori, le persone che lavorano per la propria azienda o presso la propria abitazione. 4. Dichiarare gli eventuali elementi che possono comportare un conflitto di interessi nella gestione del proprio mandato e le modalità con le quali si intende ovviare all'insorgenza di queste problematiche. 5. Dichiarare i principali sottoscrittori della propria campagna elettorale, a partire da cifre superiori ai 1000 euro.

E' il caso di ricordare che gran parte di queste informazioni sono date dagli eletti all'ente pubblico di riferimento, e che questi dati sono pubblici e accessibili. L'evoluzione migliore sarebbe quella di produrre questa documentazione all'inizio della vicenda elettorale, perché non vi siano sorprese per nessuno. Un'anamnesi preventiva può evitare spiacevoli complicazioni dopo il voto.

Tags: etico , imille , partito democratito

Il punto di non ritorno

Non era necessario essere dei veggenti per intuire che perse le elezioni il cammino del Partito Democratico sarebbe stato in salita: il gruppo dirigente diviso e litigioso, il commissariamento del segretario, il sostanziale ritorno al passato su diversi fronti, la cacofonia delle opinioni e dei commenti discordanti, la guerra tra correnti e correntine. Sapevamo sarebbe accaduto.

Quello che non pensavamo di vedere era l'implosione globale del Partito Democratico. L'assenza totale di idee e proposte, la strategia suicida sul caso Villari, il disastro del governo ombra, il profilo improvvisato ed erratico dell'opposizione, le performance poco dignitose di alcuni deputati e senatori, fino ad arrivare alle zone d'ombra sull'operato di diversi amministratori locali nel partito. Per non parlare della cronica subalternità nei confronti di qualsiasi interlocutore: subalterni contemporaneamente al governo e alla Cgil, alla maggioranza parlamentare e all'Italia dei Valori, alla magistratura e alla stampa. Deboli, intontiti, confusi: praticamente al tappeto. Seguiranno analisi e commenti: intanto, ci rifacciamo alle cose che abbiamo scritto in questi giorni.




La domanda delle domande. Eccola: lei, signor Pd, dove si trovava nella (lunga) notte tra il 14 aprile e il 17 dicembre (che poi sarebbe oggi)? Rsvp.
Giuseppe Civati



Appena due mesi fa. Dissi cose che sapevano anche i sassi, dissi che il PD se ne stava andando a sbriciolarsi. Non mossero un sopracciglio, quelle cose. L'unica reazione fu che Veltroni riconfermò la fiducia per l'ottimo lavoro eccetera eccetera al governo ombra, nelle conclusioni.
Adesso invece pare che tutti abbiano da contestare le stesse cose (persino a se stessi: sarà divertente sentire Bettini che dice a se stesso di farsi da parte, o Veltroni accusare Veltroni di aver lasciato che il progetto del PD andasse a remengo, o Cuperlo dire a Cuperlo che bisogna fare qualcosa), e questo mi solleva: stavo diventando come Parisi.
Meno male che se ne sono accorti in tempo.
Luca Sofri



Il segretario del mio partito dice che questo partito non è il suo partito. E se non ci si ritrova lui, figurarsi io.
Ivan Scalfarotto



Io queste persone, pubblicamente, non le difendo più, non me ne frega niente se sono "alti dirigenti", questi sono i nemici dell'idea di PD che ho in mente.
Dico questo perché sono costituente di questo partito e ho una responsabilità: impedire che le cose vadano in questo modo.
Marta Meo



Cosa deve accadere perché i vertici di un partito si facciano da parte? O almeno facciano un filo di autocritica? Perdere 14 punti percentuali in un anno di opposizione e vedere arrestato il segretario della Regione in cui si sono persi i 14 punti? Vorrei capire quale è il punto di non ritorno. Sotto il 20% alle europee? Ce la possiamo fare.
Emidio Picariello



Pur di limitare i danni, Veltroni ha smussato i problemi con Di Pietro e ha spinto perché si arrivasse alla coalizione più larga possibile. La cosa è andata bene a tutti, naturalmente: dato che si deve perdere, meglio perdere tutti piuttosto che rischiare che qualcuno vada benino e gli altri quindi vadano ancora peggio. Fossero andati da soli, Di Pietro, Veltroni e la sinistra, avrebbero avuto ognuno la responsabilità del proprio risultato. Oggi, invece, Di Pietro può dare la colpa a Veltroni, Veltroni può dare la colpa a Di Pietro, Ferrero può dare la colpa a Veltroni e Di Pietro. Che è quello che volevano tutti, il motivo per cui erano andati tutti insieme: poterla buttare in caciara un minuto dopo la chiusura delle urne.
Francesco Costa



Quante altre batoste dobbiamo prendere prima di cominciare a fare il PD, quindi politica, quindi qualcosa?
Cristiana Alicata



Allora succede questo. Si va a votare in una regione italiana. Quasi il 50% degli elettori non si presenta. In percentuale il nuovo partito del centrosinistra perde, in soli otto mesi, il 14% (in pratica più del 40% di se stesso), non vi dico in voti. Una catastrofe. I commenti?
Il candidato sconfitto: "Vince chi riesce a portare più gente a votare", ma no?
Il segretario nazionale del Pd: "C'è malessere, stanchezza e critica anche nei nostri confronti", si noti l'anche. Non si hanno dichiarazioni del segretario regionale del Pd perché, nel frattempo, è stato arrestato. Rimedia Massimo D'Alema: "Se non vota la metà dei cittadini è un problema che riguarda tutti i partiti" (disse lo struzzo piantando la testa in un buco di terra d'Abruzzo).
Il primo cerchio



Ci era rimasto solo questo. Ci era rimasto soltanto il credere che, sebbene noi siamo schiappe come gli altri, siamo sconfitti come gli altri, rischiamo di essere grigi come gli altri, almeno eravamo piu onesti degli altri. Eravamo meglio. Un pò. Poco, quel tanto che basta per lottare ancora, per crederci ancora.
Se pure questo cade, nessuno ci crede piu, e andate a quel paese allora, non ho tempo da perdere con voi. Resto a casa.
Tommaso Caldarelli

mercoledì 17 dicembre 2008

AAA CERCASI VERDE NEL POP

Anche il POP risente della finanza creativa di questa amministrazione
Mentre per noi comuni mortali i prezzi salgono per tutto, quelli delle strade miracolosamente scendono
Il POP del 2008 prevedeva 650000 euro per il rifacimento della via Wagner, 400000 per via Briantina, 1 milione per via Monterosa e per via Colzani; 1.5 milioni per la gronda sud, nel 2009 tutti questi valori sono stati ribassati a 500000 per via Wagner; 300000 per via Briantina, 700000 per via Monterosa e 800000 per via Colzani, 1 milione per la gronda sud. Riduzioni fino al 33%! Eccezziunale veramente, come il noto film che tanti amministratori di centro destra ha ispirato e soprattutto formato.
I casi sono 2, o sbagliavano prima, ma non credo, o hanno abbassato i numeri per far quadrare il bilancio, ergo alla fine serviranno molti più soldi, quindi questi interventi non si faranno.
Dopotutto il motto per il POP è: ci vediamo l'anno prossimo.
Ci sono interventi che ogni anno vengono spostati
I più clamorosi riguardano il verde e la scuola.
Sul verde l'acquisizione di terreni alla Porada sono spostati al 2010, quelli al Meredo che erano previsti per il 2008 addirittura al 2011, e si sono dimezzati gli stanziamenti da 1 milione a 500000 euro
Il messaggio dell'amministrazione è chiaro, del verde non ce ne frega niente.
le migliaia di utenti della Porada che hanno votato inconsapevolmente a destra non sanno che se questa amministrazione avesse governato anche negli annì precedenti là dove ora corrono, portano i cani, fanno giocare i bambini ci sarebbe stato tutto fuorchè un parco pubblico, magari una strada con la cubatura intorno, o un campo volo con resort annesso. Per fortuna non si sa, per sfortuna nostra e di Seregno ci sono tutte le altre aree verdi di Seregno a rischio cementificazione.
Sulla scuola, visto che la cultura è di sinistra, il centrodestra ha rinviato gli interventi dal 2008 al 2009 per le scuole Manzoni, dal 2009 al 2010 per le Stoppani
Anche le strade, le palestre e le piazze non hanno un destino migliore. Il rifacimento della pista di atletica allo stadio è stato spostato al 2010, così come la piazza della stazione (che è passata da 700000 a 500000 euro), via Cadore e via Colzani spostate al 2011.
Nel capitolo “Chi li ha più visti?” sono da annoverare in quanto scomparsi
la nuova caserma dei pompieri e il centro servizi alle imprese, nonché il Polo catastale?
Il capitolo strade passa da 1300000 a 700000 euro, ovvero la metà
Visto che oltre al verde questa amministrazione ha una visione della città a misura di SUV ha pensato bene di togliere la pista ciclabile San Carlo Stadio, dopo averla spostata dal 2006 al 2009, e poi al 2010
La Piazza del Lazzaretto si farà a pezzettini, uno piccolo nel 2009 e uno un po più grande nel 2010. Qui i bookmaker inglesi scommettono che tutto l’intervento si sposterà nel 2010, e poi si vedrà
La cosa divertente è che quando la giunta delibera il POP ci sono titoloni roboanti sui giornali, 15 milioni, 20 milioni di investimenti, poi a consuntivo si vede che le cifre sono ben diverse.
Non vedo infine uno stanziamento per gli arredi del mitico auditorium.
Si lascia vuoto?
In compenso si spenderanno nel triennio la bellezza di 650000 euro per la videosorveglianza, manco fossimo a Baghdag

La strada con la cubatura intorno

E' la nuova finanza creativa di questa amministrazione, che ci ritroviamo nel piano delle opere pubbliche 2009
Si prevede nel POP la gronda nord, che passa a fianco del PLIS, e per finanziarla si dà la possibilità a chi ha i terreni confinanti e deve cederne un pezzo per costruire la strada, di edificare, anche se l'area è all'interno del PLIS
Geniale, di questo passo non avremo più un centimetro di verde, in compenso avremo molte strade.
Ma l'affermazione "Non possiamo continuare a consumare suolo" allora cosa significa?
Come al solito il mattone separa le buone intenzioni dai fatti
Il Comune se vuole fare una strada preveda di farle con i soldi che ha a bilancio
Certo che se non si spendevano 2,5 milioni di euro l'anno scorso per non fare il palazzo comunale, oggi avremmo avuto i soldi per fare la gronda nord e pure quella sud, per fare gli interventi di ristrutturazione delle scuole e altro ancora
Invece l'amministrazione ha scelto di sperperare i soldi e queste sono le conseguenze, non solo paghiamo per un opera, il palazzo, che non avremo, ma adesso paghiamo in termini di ulteriore erosione del suolo.
Niente di strano, comunque, perchè quelli di destra quando parlano di salvaguardia del verde intendono solo quello del proprio giardino

NO ALLA “TRATTA B2 VELOCE” SÌ ALLA SALVAGUARDIA DEL PARCO DEL MEREDO

Vi allego l'ordine del giorno presentato ieri in consiglio e votato all'unanimità da tutti

Premesso che:

La cosiddetta B2 veloce devasterebbe la zona più vasta del PLIS “Brianza centrale”, cioè il Meredo.

La B2 veloce non è alternativa alla Milano-Meda (ristrutturata, ampliata, autostradalizzata) ma complementare e quindi con un saldo netto di consumo di nuovo territorio.

La B2 veloce comporta un esborso economico maggiore, infatti scavare gallerie invece di realizzare trincee aperte (come quella della Milano-Meda) crea più problemi che soluzioni, anche da un punto di vista ambientale.

Per fare la B2 veloce oltre a distruggere un parco, si deve "spostare" il quadruplicamento delle FF.SS. Chiasso-Seregno, si impedisce la riattivazione della linea ferroviaria Seregno Saronno e si pongono non pochi problemi per l'interramento dell'elettrodotto che transita in Meda Sud”.

Un’approvazione eventuale della variante B2 veloce, significherebbe uscire dal progetto preliminare approvato dal CIPE.

Per tutti questi motivi il Consiglio Comunale di Seregno

si esprime nettamente contro la proposta di modifica del tratto della pedemontana denominato B2 veloce

Invita il Presidente del Consiglio Comunale a trasmettere il presente Ordine del Giorno al Presidente della Regione Lombardia Formigoni, agli Assessori Regionali Cattaneo e Ponzoni, all’Assessore Provinciale per l’attuazione della provincia di Monza e Brianza Ponti, al CIPE

giovedì 11 dicembre 2008

REGOLAMENTO CONTRATTI PUBBLICI

Fino a ieri per i contratti di valore superiore a 80.000 euro bisognava indire una gara, sotto si poteva scegliere il contraente con trattativa privata. Adesso questa soglia è stata portata a 206.000 euro!!!!!!
Inoltre fino a 20.000 euro non è neanche necessaria la trattativa privata, si sceglie il contraente che si vuole!!!!
Non faccio commenti perché se nò rischio una querela!!!!!

SE 26.000 METRI CUBI VI SEMBRAN POCHI

Allora non scandalizzatevi, ma se pensate che siano tanti, soprattutto se sull’area in questione per il PRG se ne potevano fare solo 12.000 di metri cubi, e invece con l’approvazione del programma integrato se ne danno ulteriori 14.000, in questo caso un potete anche arrabbiarvi.
Se poi aggiungiamo che la giunta precedente aveva concesso solo 16.000 metri cubi (e la proprietà aveva accettato) allora ci si arrabbia ancora di più
Bel colpo per una giunta che, quando erano opposizione, tuonavano contro la cementificazione, e oggi approva questo piano che ha l’indice di edificabilità più alto mai visto dagli anni 50.
Se questa è la coerenza, mi immagino che alle parole “non dobbiamo consumare ulteriore suolo” del vicesindaco seguirà la cementificazione delle aree verdi, cosa che tra l’altro è prevista dalla bozza di PGT

mercoledì 3 dicembre 2008

DA:LA REPUBBLICA.IT: La Megaparentopoli di Seregno

La Megaparentopoli di Seregno
Giù al Nord, cioè a Seregno, quarantamila abitanti nella Brianza ricca, grassa e piatta, la via della politica è lastricata di parenti. Di ogni grado e specie. Figlio e cognato, sorella e fratello. Chi al municipio e chi in una municipalizzata. Chi al partito e chi al cda. Un poltronismo familiare edificato e poi ancor meglio sviluppato sotto il governo della Lega.

La politica formato famiglia pone Seregno di diritto nella top ten delle città governate secondo lo jus sanguinis. "Chi non è di Seregno ritiene tutto molto incredibile", ammette il sindaco Giacinto Mariani. Anzitutto non si crede che il sindaco, questo sindaco, sia un leghista. Compito, molto moderato, molto benestante, Mariani guida una giunta di centrodestra che qui ha raccolto anche la forza residuale dell'Udc.

Da sole Forza Italia e Lega avrebbero potuto comandare e decidere. Ma, con un gesto compassionevole, hanno sospinto sul vagone dei desideri anche Alleanza Nazionale, falange compatta e piuttosto aggressiva, e gli amici-nemici dell'Udc.
Tutti insieme e piuttosto appassionatamente.

Si è deciso, come succede un po' dappertutto, di mettere ordine nelle società pubbliche che erogano servizi e gestiscono, in ragione della mission, quattrini. Seregno insieme ad altre quattro città brianzole (Desio, Lissone, Cesano Maderno e Seveso) ha promosso la costituzione del gruppo Gelsia, una holding che aggrega alcune società di servizi pubblici locali che oggi è una delle prime multiutility in Lombardia per fatturato e clienti serviti. Gas, energia, raccolta e trasferimento dei rifiuti. "Fare sistema" lo slogan.

Hanno fatto sistema, specialmente a Seregno, soprattutto i propri cari. La figlia del vicesindaco è consigliera di amministrazione della holding; il cognato di un assessore è consigliere di una società partecipata (la Aeb); poltrona al fratello di un altro assessore (di An), poltrona alla sorella del capogruppo in consiglio comunale di Forza Italia. In un'altra società di scopo (energia, calore, trading) si è trovato posto per la sorella di un consigliere comunale (Forza Italia). Il segretario della Lega ha ottenuto di sedere nel consiglio di amministrazione di una figlietta magra della holding (Gelsia Reti); quello dell'Udc ha ottenuto quanto gli spettava (consigliere di amministrazione) in un'altra Spa, Gelsia Calore.

Costernato il sindaco: "Lo statuto ci impone di raccogliere le indicazioni provenienti da singoli consiglieri comunali, da gruppi politici, o da associazioni che raccolgano la proposta di almeno cinquanta cittadini. La politica si fida di chi conosce".

La politica conosce, tra gli altri, fratelli e sorelle, cognate e cognate, figli e figlie. A bocca asciutta, secondo l'ultima proiezione, i nipoti e le cugine. Nemmeno si segnalano amanti, e neanche papà e mamme chiamate al fronte, il fronte del fare. "La mia amministrazione ha gestito la razionalizzazione dei servizi, garantito occupazione ad oltre quattrocento persone, risolto problemi che i governi di centrosinistra avevano lasciato marcire. Questo non si dice. E non si dice che solo tre delle trenta nomine decise sono imputabili a me, che alcune di esse sono conferme di scelte della giunta precedente. E nemmeno si ricorda che il partito democratico, pur di polemizzare, ha evitato di segnalarci persone, di fornire proposte. Cosicché abbiamo dovuto fare da soli".

Il sindaco parla piano, sereno, per nulla scandalizzato. Espone e registra: tutto perfettamente a regola d'arte. Non si può dargli torto: ogni cosa è sistemata bene, ogni puntino è a norma di legge.

E qui si ritorna al punto di partenza, alla tesi, veramente innovativa, del comprensivo sindaco Seregn, come dicono i lumbard: chi meglio di un fratello? Chi è più fidata di una sorella? "Lo statuto parla chiaro e io sono obbligato a rispettarlo".

Obbligato lui e il resto della truppa. Obbligati e anche trasparenti. Perché c'è da dire che il sito web del comune fornisce nel dettaglio nomi e cognomi, indennità (trentamila euro all'anno se si presiede; diciottomila se si è nel consiglio) e funzioni. Sorvola sul resto.

Ma succede ovunque. Saluti da Seregno, che si trova giù al nord Italia.