“E’ la solita strumentalizzazione della sinistra”
Qualsiasi problema si porti all’attenzione del Sindaco, la risposta è questa, come un disco rotto
L’ultima riguarda il campo di calcio di San Salvatore.
Il campo di calcio in oggetto da parecchi mesi è completato, ma nonostante ciò rimane chiuso ai ragazzi che lo vogliono utilizzare. Tale campo di calcio è uno spazio pubblico, tra l’altro quando era dietro l’asilo era aperto a tutti.
Molti residenti mi hanno segnalato l’assurda situazione di ragazzi che giocano a pallone nello spazio cementificato davanti al campo di calcio (a ridosso della via Montello, con tutti i pericoli che ne conseguono) perché il campo di calcio è chiuso.
Lo stesso Sindaco, se non ricordo male, durante l’incontro a San Salvatore, aveva promesso l’imminente apertura. A seguito di questo problema il Sindaco e l’assessore non hanno risposto in consiglio comunale ma sui giornali, dicendo appunto quello che ho citato in premessa. Peccato che il campo è chiuso, a prescindere da qualsiasi strumentalizzazione, e se lo vorranno regolare come per gli spazi del FUIN, rimarrà chiuso al pubblico!
“E’ la solita strumentalizzazione della sinistra” anche per il caso Gelsia. A proposito, sul sito del Comune compaiono tutti i verbali del consiglio comunale tranne quello del 24/3, che coincidenza è quello dove, a seguito della mia interpellanza su Gelsia, il Sindaco ha completamento perso il controllo e ha cominciato a inveire e insultare. Solo coincidenza?
Quanto ci sta costando la causa promossa dal dipendente C.G. contro il Comune di Seregno?
Con determina 220/09 è stata liquidata alla consulente medico legale nella causa promossa da CG contro il Comune di Seregno, la parcella di 7.200 euro. La determina di affidamento dell’incarico prevedevaa una spesa di 3000 euro (meno della metà) Per quale motivo la parcella è più che raddoppiata? La dott.sa ha emesso una parcella di 40 ore a 150, dico 150 euro all’ora. E il Comune ha accettato
E’ solo l’ultima di una serie di spese legali e consulenziali per cercare di vincere una causa che probabilmente si perderà. Alla fine costera decine di migliaia di euro, chi paga, chi ha deciso il licenziamento, ovvero il Sindaco, o i cittadini di Seregno? I cittadini, of course!
Chi ha suddiviso i collegi di Seregno e perché i seggi 27 e 28 sono stati spostati?
Molti cittadini residenti al Dosso, a San Salvatore e in parte alle quattro strade sono a dir poco arrabbiati per l’assurda scelta di questa amministrazione di spostare la sede di votazione delle sezioni elettorali 27 e 28 alle scuole Rodari. Tali cittadini che risiedono all’ estrema periferia est di Seregno, e quelli delle quattro strade (che alle scuole Cadorna ci vanno a piedi) da sempre votano alle scuole Cadorna, quest’anno dovranno andare al capo opposto della città, alle scuole Rodari, periferia sud ovest. Nessuno ne capisce il senso.
Così come nessuno capisce quale criterio è stato scelto per suddividere le sezioni elettorali di Seregno nei 2 collegi relativi alle elezioni Provinciali. Invece di tirare una linea retta est ovest, oppure nord sud, che avrebbe diviso in 2 Seregno, si è scelto una suddivisione a macchia di leopardo, o a zig zag, o forse le sezioni sono state tirate a sorte. Fatto sta che abbiamo decine di vie dove i n° pari votano in un collegio, i dispari l’altro. Praticamente in tutti i quartieri ci sono vie dove si vota in un collegio e vie dove si vota per l’altro.
Mi immagino la fatica dei candidati, che dovranno munirsi di cartine e a ogni passante fermato per fare campagna elettorale dovranno chiedere la via, guardare sulla mappa di Seregno, e successivamente chiedere anche il n° civico.
Dividere Seregno in 2 parti era troppo semplice, ma al tempo stesso in uno dei 2 collegi avrebbero stravinto, ma nell’altro non ci sarebbero state percentuali altissime per il PDL e per la Lega, con il rischio che i loro candidati non vincessero. Invece così in entrambi i collegi vincono, senza stravincere, e si portano a casa entrambi i posti. Congetture? Forse.
Mauro Ballabio
www.mauro1110.blogspot.com
venerdì 24 aprile 2009
martedì 21 aprile 2009
25 aprile, La Russa contro i partigiani rossi "Non vanno celebrati come liberatori"
di ANDREA MONTANARI
- L'unica certezza, al momento, è che Silvio Berlusconi parteciperà sabato, per la prima volta, alle celebrazioni per il 64° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Anche se non è ancora chiaro dove. Le ultime indiscrezioni parlano di Montelungo, dove si recherà il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ma restano ancora in piedi le ipotesi di una nuova visita del premier nelle zone terremotate dell'aquilano o che partecipi nel pomeriggio alla tradizionale manifestazione nazionale organizzata dall'Anpi a Milano, dove lo ha invitato nei giorni scorsi il segretario del Pd Dario Franceschini.
Dal suo entourage, non trapela altro. Ma è sufficiente a far salire ulteriormente la tensione tra maggioranza e opposizione. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa rilancia: "I partigiani rossi meritano rispetto, ma non possono essere celebrati come portatori di libertà". Pronta la replica del portavoce del Pd Andrea Orlando: "La Russa ha oltrepassato il segno. Fare distinzioni tra partigiani buoni o cattivi è intollerabile oltre che menzognero nei confronti della verità storica". Chiede rispetto anche Pierluigi Castagnetti del Pd: "Quelle di La Russa sono solo manifestazioni di incapacità ad accogliere il senso storico di quella pagina gloriosa della storia d'Italia". Sulle barricate pure l'estrema sinistra. Per Oliviero Diliberto del Pdci "il premier farebbe meglio ad andare in Sardegna perché non si può diventare antifascisti in un sol colpo", mentre il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero aggiunge: "Se non dichiara apertamente il suo antifascismo, la sua partecipazione sarebbe solo una presa in giro degli italiani".
Ma anche il centrodestra si divide. Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto invita il premier a "non dover dimostrare le sue credenziali a Franceschini andando a farsi fischiare in piazza Duomo a Milano, come è già successo a Bossi e alla Moratti". Nel frattempo, a Milano è già partito sul sito Indymedia il passaparola negli ambienti vicini ai centri sociali e alla sinistra antagonista. Al grido: "Berlusconi se ne stia a casa. Antifascisti sempre". Tanto che il verde Carlo Monguzzi lancia un appello a tutte le anime della sinistra: "Se Berlusconi verrà a Milano ci sarà una piazza divisa in due: la prima fischierà Berlusconi, la seconda il Pd che l'ha invitato. Pensiamo solo a organizzare una grande manifestazione, non a Berlusconi".
Il governatore lombardo Roberto Formigoni e il sindaco di Milano Letizia Moratti prendono ancora tempo e si affidano al premier. "Mi consulterò con Berlusconi, ma nel '95 partecipai e fui fischiato" - precisa il primo. "Sto valutando, anch'io sentirò il premier" - sottolinea la seconda, che nel 2006 fu costretta ad abbandonare la manifestazione insieme al padre Paolo Brichetto Arnaboldi, ex deportato a Dachau. Il suo predecessore Gabriele Albertini, ora eurodeputato del Pdl, però non ha dubbi: "Il sindaco di Milano non può mai mancare sul palco di Piazza Duomo. E se il caso si prende i fischi, come è capitato a me. Le istituzioni non possono dimenticare che Milano ha ricevuto la medaglia d'oro".
- L'unica certezza, al momento, è che Silvio Berlusconi parteciperà sabato, per la prima volta, alle celebrazioni per il 64° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Anche se non è ancora chiaro dove. Le ultime indiscrezioni parlano di Montelungo, dove si recherà il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ma restano ancora in piedi le ipotesi di una nuova visita del premier nelle zone terremotate dell'aquilano o che partecipi nel pomeriggio alla tradizionale manifestazione nazionale organizzata dall'Anpi a Milano, dove lo ha invitato nei giorni scorsi il segretario del Pd Dario Franceschini.
Dal suo entourage, non trapela altro. Ma è sufficiente a far salire ulteriormente la tensione tra maggioranza e opposizione. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa rilancia: "I partigiani rossi meritano rispetto, ma non possono essere celebrati come portatori di libertà". Pronta la replica del portavoce del Pd Andrea Orlando: "La Russa ha oltrepassato il segno. Fare distinzioni tra partigiani buoni o cattivi è intollerabile oltre che menzognero nei confronti della verità storica". Chiede rispetto anche Pierluigi Castagnetti del Pd: "Quelle di La Russa sono solo manifestazioni di incapacità ad accogliere il senso storico di quella pagina gloriosa della storia d'Italia". Sulle barricate pure l'estrema sinistra. Per Oliviero Diliberto del Pdci "il premier farebbe meglio ad andare in Sardegna perché non si può diventare antifascisti in un sol colpo", mentre il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero aggiunge: "Se non dichiara apertamente il suo antifascismo, la sua partecipazione sarebbe solo una presa in giro degli italiani".
Ma anche il centrodestra si divide. Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto invita il premier a "non dover dimostrare le sue credenziali a Franceschini andando a farsi fischiare in piazza Duomo a Milano, come è già successo a Bossi e alla Moratti". Nel frattempo, a Milano è già partito sul sito Indymedia il passaparola negli ambienti vicini ai centri sociali e alla sinistra antagonista. Al grido: "Berlusconi se ne stia a casa. Antifascisti sempre". Tanto che il verde Carlo Monguzzi lancia un appello a tutte le anime della sinistra: "Se Berlusconi verrà a Milano ci sarà una piazza divisa in due: la prima fischierà Berlusconi, la seconda il Pd che l'ha invitato. Pensiamo solo a organizzare una grande manifestazione, non a Berlusconi".
Il governatore lombardo Roberto Formigoni e il sindaco di Milano Letizia Moratti prendono ancora tempo e si affidano al premier. "Mi consulterò con Berlusconi, ma nel '95 partecipai e fui fischiato" - precisa il primo. "Sto valutando, anch'io sentirò il premier" - sottolinea la seconda, che nel 2006 fu costretta ad abbandonare la manifestazione insieme al padre Paolo Brichetto Arnaboldi, ex deportato a Dachau. Il suo predecessore Gabriele Albertini, ora eurodeputato del Pdl, però non ha dubbi: "Il sindaco di Milano non può mai mancare sul palco di Piazza Duomo. E se il caso si prende i fischi, come è capitato a me. Le istituzioni non possono dimenticare che Milano ha ricevuto la medaglia d'oro".
venerdì 17 aprile 2009
da "Il Cittadino" Nuova municipalizzata a Seregno Il Pd attacca: «Solito carrozzone»
Seregno - Disco verde del consiglio comunale di Seregno per Amsp Gestioni, la società a responsabilità limitata che avrà il compito di procedere all'assegnazione delle gestioni dei bar dello stadio Ferruccio, del centro sportivo Seregnello, della sede del mercato del sabato di piazza Linate - 8 ottobre 2001 e del centro per i servizi ambientali di via Alessandria, all'interno del parco «2 giugno» alla Porada, oggi chiusi. La maggioranza di centrodestra e la minoranza di centrosinistra hanno a lungo dibattuto su un argomento che già nelle settimane precedenti aveva occupato le cronache dei mass media locali, sulla scorta delle polemiche innescate da Mauro Ballabio del Partito Democratico, che aveva accusato la giunta guidata da Giacinto Mariani di voler creare un nuovo carrozzone mangiasoldi, dove piazzare gli amici degli amici. «Al contrario - ha sottolineato l'assessore alle Politiche della casa Mario Novara -, qui non stiamo costituendo una nuova realtà, ma modificando lo statuto di una società già esistente e cui la passata amministrazione di centrosinistra aveva conferito il centro sportivo della Porada, le farmacie comunali e laboratori medici». Le sue spiegazioni non hanno convinto il centrosinistra in generale ed il già citato Ballabio in particolare. «Se lo scopo è solo quello di assegnare la gestione di qualche bar - ha affermato Ballabio -, gli uffici comunali avrebbero potuto procedere con una semplice trattativa privata».
Dopo le schermaglie di rito, le parti hanno concordato che nella fase iniziale Amsp Gestioni sarà affidata ad un amministratore unico, che percepirà mensilmente, rimborsi spesa inclusi, non più del 30 per cento dell'indennità del sindaco, vale a dire un migliaio di euro. L'affidamento vero e proprio dell'incarico di conferire le gestioni dei bar avverrà nella seduta del consiglio comunale della prossima settimana.
P.Col.
Dopo le schermaglie di rito, le parti hanno concordato che nella fase iniziale Amsp Gestioni sarà affidata ad un amministratore unico, che percepirà mensilmente, rimborsi spesa inclusi, non più del 30 per cento dell'indennità del sindaco, vale a dire un migliaio di euro. L'affidamento vero e proprio dell'incarico di conferire le gestioni dei bar avverrà nella seduta del consiglio comunale della prossima settimana.
P.Col.
giovedì 16 aprile 2009
Provincia, una carica di assessori da Il Giorno articolo di MONICA GUZZI
Candidati al via: il Pd punta sui volti noti di ex sindaci e amministratori
UNA PATTUGLIA di sindaci uscenti, assessori e consiglieri comunali. Per le prime elezioni provinciali di Monza e Brianza il Partito democratico punta sulla carta del radicamento sul territorio. La lista dei candidati che verranno schierati sui 36 collegi uninominali nei quali è stata suddivisa la neonata Provincia (corrispondenti a 36 seggi in Consiglio) è pronta: i nomi sono stati scelti dai circoli territoriali del partito, e in quattro casi, vista l’indecisione sulla scelta, il dilemma è stato risolto dalle primarie.
PER IL VOTO del 6 e 7 giugno scendono in campo sindaci uscenti come Adriano Poletti, di Agrate (collegio Agrate-Cavenago), e Carlo Cifronti di Brugherio (nel collegio Brugherio I). Nel collegio di Arcore il Pd candida l’assessore Valentina Del Campo, mentre nel collegio di Bellusco, Burago, Mezzago, Ornago e Sulbiate correrà il consigliere provinciale uscente, nonché ex sindaco, Vittorio Pozzati. Nadio Limonta, assessore a Bernareggio, è schierato nell’omonimo collegio (Aicurzio, Bernareggio, Carnate, Ronco Briantino) mentre Elio Sanvito, storico punto di riferimento della Besana democristiana, è sul collegio 5 (Besana e Triuggio). A Biassono, Macherio e Sovico c’è Emanuela Riboldi, a Bovisio-Varedo Ruggiero Dascanio e nel collegio di Brugherio II Patrizia Gioacchini. Marino Valtorta, del consiglio d’amministrazione dell’Alto Lambro, corre a Carate e Albiate, mentre nei due collegi di Cesano Maderno il Pd si affida a due donne: Carmen Barella e Michela Vaccaro. Cesare Lucini è il candidato di Ceriano Laghetto, Cogliate, Lazzate e Misinto, Giuseppe Meroni corre a Concorezzo-Villasanta, mentre nei due collegi di Desio sono schierati Roberto Corti e Lucrezia Ricchiuti. A Giussano Roberto Munarin, a Limbiate (due collegi) Edoardo Brami e Gianfranco Finco. Due i collegi anche a Lissone, con Cristiano Mariani ed Elio Talarico, mentre a Meda corre Marcello Proserpio. Nei sei collegi di Monza il nome più noto è quello dell’ex assessore all’Istruzione Paolo Pilotto, che rappresenta la tradizione del partito popolare. Gli altri candidati sono Marco Achilli, Domenico Guerriero, Cecilia Veneziano, Maria Grazia Artesani e Adriano Piccolotto (che corre nel collegio condiviso da Monza e Vedano). A Muggiò c’è il vicesindaco uscente Maria Fiorito, a Nova Milanese Elio Ghioni, a Seregno Pietro Amati e William Viganò (due i collegi), a Seveso-Barlassina Gianluigi Malerba, a Usmate Velate-Camparada-Correzzana-Lesmo Nicola Carlomagno, a Verano Brianza (nel collegio rientrano anche Briosco, Renate, Veduggio) Fiorenzo Manocchi, e a Vimercate il consigliere provinciale uscente Vittorio Arrigoni.
«SONO TUTTI nomi radicati e scelti direttamente dai territori - dice il segretario provinciale del Pd, Enrico Brambilla -. Non ho voluto percorrere le strade che ho più volte contestato ai livelli superiori, con scelte fatte da poche teste riunite in stanze chiuse. I candidati sono stati scelti dai circoli, non hanno doppi incarichi e correranno davvero». Come ha già annunciato, il Pd sosterrà la candidatura alla presidenza della Provincia di Gigi Ponti, che si presenterà nei collegi con una lista propria, indipendente dai partiti. Da qualche giorno, Ponti ha un avversario ufficiale, il vicesindaco del centrodestra Dario Allevi. Brambilla resta ottimista, nonostante sulla carta il centrodestra parta avvantaggiato dal trend politico nazionale. «L’unico vero svantaggio che vedo in questa competizione è di tipo economico - dice il segretario del Pd -. Abbiamo a disposizione un decimo delle risorse del nostro avversario e dovremo supplire con tanta buona volontà. Ma il nostro candidato l’abbiamo scelto noi sul territorio ed è una persona che da anni lavora su questo tema. Dall’altra parte - è la conclusione - il candidato è l’espressione di un gioco a scacchi condotto fuori con pedine mosse secondo logiche non coincidenti col territorio. Dobbiamo giocare fino in fondo una campagna di territorio».
UNA PATTUGLIA di sindaci uscenti, assessori e consiglieri comunali. Per le prime elezioni provinciali di Monza e Brianza il Partito democratico punta sulla carta del radicamento sul territorio. La lista dei candidati che verranno schierati sui 36 collegi uninominali nei quali è stata suddivisa la neonata Provincia (corrispondenti a 36 seggi in Consiglio) è pronta: i nomi sono stati scelti dai circoli territoriali del partito, e in quattro casi, vista l’indecisione sulla scelta, il dilemma è stato risolto dalle primarie.
PER IL VOTO del 6 e 7 giugno scendono in campo sindaci uscenti come Adriano Poletti, di Agrate (collegio Agrate-Cavenago), e Carlo Cifronti di Brugherio (nel collegio Brugherio I). Nel collegio di Arcore il Pd candida l’assessore Valentina Del Campo, mentre nel collegio di Bellusco, Burago, Mezzago, Ornago e Sulbiate correrà il consigliere provinciale uscente, nonché ex sindaco, Vittorio Pozzati. Nadio Limonta, assessore a Bernareggio, è schierato nell’omonimo collegio (Aicurzio, Bernareggio, Carnate, Ronco Briantino) mentre Elio Sanvito, storico punto di riferimento della Besana democristiana, è sul collegio 5 (Besana e Triuggio). A Biassono, Macherio e Sovico c’è Emanuela Riboldi, a Bovisio-Varedo Ruggiero Dascanio e nel collegio di Brugherio II Patrizia Gioacchini. Marino Valtorta, del consiglio d’amministrazione dell’Alto Lambro, corre a Carate e Albiate, mentre nei due collegi di Cesano Maderno il Pd si affida a due donne: Carmen Barella e Michela Vaccaro. Cesare Lucini è il candidato di Ceriano Laghetto, Cogliate, Lazzate e Misinto, Giuseppe Meroni corre a Concorezzo-Villasanta, mentre nei due collegi di Desio sono schierati Roberto Corti e Lucrezia Ricchiuti. A Giussano Roberto Munarin, a Limbiate (due collegi) Edoardo Brami e Gianfranco Finco. Due i collegi anche a Lissone, con Cristiano Mariani ed Elio Talarico, mentre a Meda corre Marcello Proserpio. Nei sei collegi di Monza il nome più noto è quello dell’ex assessore all’Istruzione Paolo Pilotto, che rappresenta la tradizione del partito popolare. Gli altri candidati sono Marco Achilli, Domenico Guerriero, Cecilia Veneziano, Maria Grazia Artesani e Adriano Piccolotto (che corre nel collegio condiviso da Monza e Vedano). A Muggiò c’è il vicesindaco uscente Maria Fiorito, a Nova Milanese Elio Ghioni, a Seregno Pietro Amati e William Viganò (due i collegi), a Seveso-Barlassina Gianluigi Malerba, a Usmate Velate-Camparada-Correzzana-Lesmo Nicola Carlomagno, a Verano Brianza (nel collegio rientrano anche Briosco, Renate, Veduggio) Fiorenzo Manocchi, e a Vimercate il consigliere provinciale uscente Vittorio Arrigoni.
«SONO TUTTI nomi radicati e scelti direttamente dai territori - dice il segretario provinciale del Pd, Enrico Brambilla -. Non ho voluto percorrere le strade che ho più volte contestato ai livelli superiori, con scelte fatte da poche teste riunite in stanze chiuse. I candidati sono stati scelti dai circoli, non hanno doppi incarichi e correranno davvero». Come ha già annunciato, il Pd sosterrà la candidatura alla presidenza della Provincia di Gigi Ponti, che si presenterà nei collegi con una lista propria, indipendente dai partiti. Da qualche giorno, Ponti ha un avversario ufficiale, il vicesindaco del centrodestra Dario Allevi. Brambilla resta ottimista, nonostante sulla carta il centrodestra parta avvantaggiato dal trend politico nazionale. «L’unico vero svantaggio che vedo in questa competizione è di tipo economico - dice il segretario del Pd -. Abbiamo a disposizione un decimo delle risorse del nostro avversario e dovremo supplire con tanta buona volontà. Ma il nostro candidato l’abbiamo scelto noi sul territorio ed è una persona che da anni lavora su questo tema. Dall’altra parte - è la conclusione - il candidato è l’espressione di un gioco a scacchi condotto fuori con pedine mosse secondo logiche non coincidenti col territorio. Dobbiamo giocare fino in fondo una campagna di territorio».
Guai alla tv che rema contro - di MICHELE SERRA
Rispetto ai tempi del goffo "editto bulgaro", le nubi censorie che si addensano su Michele Santoro e su Milena Gabanelli (e tramite loro sulla Rai nel suo insieme) esprimono un punto di scontro più nitido e, nel suo genere, più maturo.
Non è solo e non è tanto la "faziosità politica" - colpa opinabile per definizione - a essere sotto tiro. È la sostanza stessa del medium più importante e penetrante, la televisione, che trasmissioni come Annozero e Report interpretano come un contro-potere strutturalmente autonomo (tale è l'informazione nella tradizione delle democrazie), e questo potere politico intende, invece, come cingolo di trasmissione dei propri scopi: non per caso è un potere al tempo stesso politico e mediatico. Anche tecnicamente.
Nei giorni drammatici del terremoto, lo scontro tra queste due funzioni della televisione è stato evidente. Si trattava di mettere l'accento sulle deficienze strutturali e le responsabilità umane che hanno aggravato di molto il bilancio delle vittime e dei danni. Oppure di esaltare l'opera dei soccorsi e l'efficienza dello Stato. Il primo obiettivo è tipico del giornalismo-giornalismo, che qui da noi, non si capisce bene per quale strambo equivoco, si chiama "d'assalto". Il secondo obiettivo è invece tipico della propaganda politica. Genera un linguaggio che tende alla retorica del positivo quanto il primo rischia di cadere nella retorica del negativo.
Scelga ognuno quale di questi due rischi sia più sgradevole e pericoloso per la pubblica opinione. Ma si sappia che è solo il primo rischio - quello di una televisione aspra e irriducibile - a essere sotto accusa, e a nessuno, né dentro la Rai né nella cerchia della politica, è venuto in mente di biasimare o sanzionare le centinaia di ore di televisione leziosa e piagnona che hanno imbozzolato la tragedia del terremoto in un reticolo implacabile di buoni sentimenti, misurando ben più volentieri il diametro della "bontà nazionale" che quello dei pilastri sottodimensionati.
Che i media abbiano anche, in queste situazioni, una funzione di rete connettiva, non solo logistica, che aiuta a reggere l'urto della morte, e a sentirsi comunità, è fuori di dubbio. Ma questa funzione è stata svolta perfino con sovrabbondanza, e fino a rendere stucchevoli anche le immagini del dolore e della rovina. Santoro e la sua redazione hanno scelto - in minoranza - di fare il resto del lavoro, come compete alla storia professionale di un giornalista molto discusso (e discutibile) ma molto tenace. E premiato dall'audience, concetto evidentemente sacro quando si tratti di contare i soldi della pubblicità, ma subito sottaciuto quando si tratti di misurare la temperatura di una parte consistente dell'opinione pubblica.
Peccato che questo "resto del lavoro", sicuramente complementare a un quadro generale molto più blandamente critico, risulti insopportabile al potere politico, così come la puntuta inchiesta di Milena Gabanelli sulla social-card non poteva che fare imbufalire il ministro Tremonti.
"Remare contro" fu una delle prime accuse che il Berlusconi leader nascente mosse ai suoi oppositori. Non lo sfiorò (e non lo sfiora) il sospetto che c'è chi rema né contro né a favore, ma per suo conto. Anche sbagliando, ma sottoponendo al giudizio del pubblico, non al giudizio del potere, i propri errori. Il giornalismo è questo, e dovrebbe saperlo anche il direttore del Giornale Mario Giordano, che un minuto dopo avere potuto dire esattamente quanto voleva dire ad "Annozero" ha orchestrato una violenta campagna di stampa contro lo "sciacallo Santoro". Qualcuno aveva forse detto a Giordano, o a uno qualunque dei giornalisti e telegiornalisti governativi, che usare il terremoto per magnificare la prestanza e la generosità del premier era "sciacallaggio"? Ci si era limitati a pensare, magari, che fosse cattivo gusto, e la libertà di cattivo gusto, se non è sancita dalla Costituzione, è suggerita dal buon senso.
Quanto alla vignetta di Vauro trattata da casus belli e ridicolmente accusata di mancanza di "pietà per le vittime", varrebbe il concetto di cui sopra: qualora la si ritenga di cattivo gusto, da quando il cattivo gusto è oggetto di censura? E quelli che, al contrario, affidano la "pietà per le vittime" a ben altri canali, magari privati, e apprezzano la ruvida intelligenza e la lunga coerenza professionale di Vauro, dovrebbero forse ingoiare il boccone della censura nel nome di una "informazione corretta"? Ma corretta da chi? Dal direttore del "Giornale"?
(16 aprile 2009)
Non è solo e non è tanto la "faziosità politica" - colpa opinabile per definizione - a essere sotto tiro. È la sostanza stessa del medium più importante e penetrante, la televisione, che trasmissioni come Annozero e Report interpretano come un contro-potere strutturalmente autonomo (tale è l'informazione nella tradizione delle democrazie), e questo potere politico intende, invece, come cingolo di trasmissione dei propri scopi: non per caso è un potere al tempo stesso politico e mediatico. Anche tecnicamente.
Nei giorni drammatici del terremoto, lo scontro tra queste due funzioni della televisione è stato evidente. Si trattava di mettere l'accento sulle deficienze strutturali e le responsabilità umane che hanno aggravato di molto il bilancio delle vittime e dei danni. Oppure di esaltare l'opera dei soccorsi e l'efficienza dello Stato. Il primo obiettivo è tipico del giornalismo-giornalismo, che qui da noi, non si capisce bene per quale strambo equivoco, si chiama "d'assalto". Il secondo obiettivo è invece tipico della propaganda politica. Genera un linguaggio che tende alla retorica del positivo quanto il primo rischia di cadere nella retorica del negativo.
Scelga ognuno quale di questi due rischi sia più sgradevole e pericoloso per la pubblica opinione. Ma si sappia che è solo il primo rischio - quello di una televisione aspra e irriducibile - a essere sotto accusa, e a nessuno, né dentro la Rai né nella cerchia della politica, è venuto in mente di biasimare o sanzionare le centinaia di ore di televisione leziosa e piagnona che hanno imbozzolato la tragedia del terremoto in un reticolo implacabile di buoni sentimenti, misurando ben più volentieri il diametro della "bontà nazionale" che quello dei pilastri sottodimensionati.
Che i media abbiano anche, in queste situazioni, una funzione di rete connettiva, non solo logistica, che aiuta a reggere l'urto della morte, e a sentirsi comunità, è fuori di dubbio. Ma questa funzione è stata svolta perfino con sovrabbondanza, e fino a rendere stucchevoli anche le immagini del dolore e della rovina. Santoro e la sua redazione hanno scelto - in minoranza - di fare il resto del lavoro, come compete alla storia professionale di un giornalista molto discusso (e discutibile) ma molto tenace. E premiato dall'audience, concetto evidentemente sacro quando si tratti di contare i soldi della pubblicità, ma subito sottaciuto quando si tratti di misurare la temperatura di una parte consistente dell'opinione pubblica.
Peccato che questo "resto del lavoro", sicuramente complementare a un quadro generale molto più blandamente critico, risulti insopportabile al potere politico, così come la puntuta inchiesta di Milena Gabanelli sulla social-card non poteva che fare imbufalire il ministro Tremonti.
"Remare contro" fu una delle prime accuse che il Berlusconi leader nascente mosse ai suoi oppositori. Non lo sfiorò (e non lo sfiora) il sospetto che c'è chi rema né contro né a favore, ma per suo conto. Anche sbagliando, ma sottoponendo al giudizio del pubblico, non al giudizio del potere, i propri errori. Il giornalismo è questo, e dovrebbe saperlo anche il direttore del Giornale Mario Giordano, che un minuto dopo avere potuto dire esattamente quanto voleva dire ad "Annozero" ha orchestrato una violenta campagna di stampa contro lo "sciacallo Santoro". Qualcuno aveva forse detto a Giordano, o a uno qualunque dei giornalisti e telegiornalisti governativi, che usare il terremoto per magnificare la prestanza e la generosità del premier era "sciacallaggio"? Ci si era limitati a pensare, magari, che fosse cattivo gusto, e la libertà di cattivo gusto, se non è sancita dalla Costituzione, è suggerita dal buon senso.
Quanto alla vignetta di Vauro trattata da casus belli e ridicolmente accusata di mancanza di "pietà per le vittime", varrebbe il concetto di cui sopra: qualora la si ritenga di cattivo gusto, da quando il cattivo gusto è oggetto di censura? E quelli che, al contrario, affidano la "pietà per le vittime" a ben altri canali, magari privati, e apprezzano la ruvida intelligenza e la lunga coerenza professionale di Vauro, dovrebbero forse ingoiare il boccone della censura nel nome di una "informazione corretta"? Ma corretta da chi? Dal direttore del "Giornale"?
(16 aprile 2009)
NEWS DAL CONSIGLIO COMUNALE E DAL PD
Martedì 7 l’attenzione del consiglio comunale si è rivolta ai terremotati dell’Aquila. Su proposta del consigliere Borgonovo abbiamo devoluto l’intero gettone di presenza (40 euro) ai terremotati. E’ poca cosa, però se tutti i politici elargissero parte del loro stipendio, sarebbe un bel gruzzoletto
Mercoledì 15 In consiglio è stata votata (noi abbiamo votato contro) la delibera relativa alla modifica dello statuto di AMSP srl, la società nata inizialmente nel 2002 per gestire il trasporto pubblico e adesso trasformata in società che gestisce il patrimonio immobiliare del Comune.
Sullo statuto ho presentato diversi emendamenti e risoluzioni
Lo statuto è stato modificato di poco, di fatto è stata tolta la possibilità di avere 5 consiglieri di amministrazione invece che 3.
Molto più impegnativa la risoluzione che invita il sindaco a nominare in questa fase un amministratore unico invece che un consiglio di amministrazione con uno stipendio non superiore al 30% dell’indennità del Sindaco.
Rimangono in ogni caso le nostre preoccupazioni e il nostro scetticismo sull’operazione, e sui costi, perché con l’amministratore unico i costi sono contenuti, ma quando l’amministrazione opterà per il consiglio di amministrazione i costi saliranno di molto. Per questi motivi abbiamo votato contro.
Mercoledì 15 In consiglio è stata votata (noi abbiamo votato contro) la delibera relativa alla modifica dello statuto di AMSP srl, la società nata inizialmente nel 2002 per gestire il trasporto pubblico e adesso trasformata in società che gestisce il patrimonio immobiliare del Comune.
Sullo statuto ho presentato diversi emendamenti e risoluzioni
Lo statuto è stato modificato di poco, di fatto è stata tolta la possibilità di avere 5 consiglieri di amministrazione invece che 3.
Molto più impegnativa la risoluzione che invita il sindaco a nominare in questa fase un amministratore unico invece che un consiglio di amministrazione con uno stipendio non superiore al 30% dell’indennità del Sindaco.
Rimangono in ogni caso le nostre preoccupazioni e il nostro scetticismo sull’operazione, e sui costi, perché con l’amministratore unico i costi sono contenuti, ma quando l’amministrazione opterà per il consiglio di amministrazione i costi saliranno di molto. Per questi motivi abbiamo votato contro.
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