venerdì 6 febbraio 2009

Pd, Bersani prepara la sfida di ottobre

CAGLIARI - Se non ora, quando? "La volta scorsa ho fatto una grandissima cavolata a non candidarmi alle primarie". Ci furono pressioni enormi, "sarei andato a chiedere i voti ai segretari delle federazioni mettendoli in imbarazzo perché il partito aveva fatto un'altra scelta. Mi rimaneva la possibilità di mettermi alla testa di una lista di consumatori.". Troppo poco per puntare al vertice. Ma gli errori non si ripetono.

Pierluigi Bersani ha un programma, un'idea di Partito democratico (opposta per molti versi a quella di Walter Veltroni), una visione di come si esercita la leadership. Persino l'età non è un problema, a dispetto dei soliti discorsi sul ricambio generazionale. "Sono un giovane di lungo corso, io", dice scherzando dall'alto dei suoi 57 anni. Dunque, ora. Il dado è tratto, Bersani lancia la sua corsa verso la segreteria del Pd. Con i tempi del partito che celebra il congresso a ottobre, certo. Con le variabili della politica: elezioni in Sardegna, amministrative, Europee. "Ma ho deciso di espormi subito perché sento il disamore dei nostri elettori, la mancanza di una prospettiva. Hanno bisogno di un punto di riferimento, altrimenti se ne vanno".

Bersani gira l'Italia da settimane, nei centri della crisi. Lavora per "la ditta", ma si guarda anche intorno, cerca di capire cosa chiedono i cittadini al Partito democratico. E a un eventuale nuovo segretario. Ieri era in Sardegna. Per Renato Soru, che potrebbe essere uno sfidante in autunno, e per ascoltare le domande del mondo del lavoro. Davanti ai cancelli della Syndial, fabbrica di cloro dell'Eni, trova ad aspettarlo tutti i 220 operai preoccupati per il loro futuro. Li rassicura, li prende sotto braccio, li coccola col suo accento emiliano, spiega anche qual è secondo lui la missione principale di un partito di sinistra. "Da 150 anni la nostra storia, con le sue evoluzioni, si fa carico del punto di vista dei più deboli, dei subordinati. Questo dobbiamo continuare a fare per costruire una società migliore". Poi nella sede regionale del Pd a Cagliari, accompagnato dal "commissario" Achille Passoni e dall'assessore all'Industria Concetta Rau, incontra i rappresentanti dell'Eurallumina, raffineria del Sulcis che il 23 febbraio rischia di chiudere i battenti per un anno. Così hanno deciso i proprietari russi.

Qui Bersani non si limita ad offrire sostegno, garanzie. Chiama l'ambasciatore russo perché nel Paese di Putin affari e politica vanno a braccetto. Telefona al ministro Scajola: "Quando lo aprite questo tavolo?". Il tour prosegue a nord: inaugurazione di un circolo del Pd a Uras, poi l'altra zona calda di Porto Torres.

I lavoratori sono la forza del Pd. E potrebbero essere la sua. Sia chiaro, questo fronte non va abbandonato. "Per il 13 febbraio ho aderito alla mobilitazione dei metalmeccanici e del pubblico impiego. E non mi venissero a dire che sono filo-Cgil. Quando si parla con gli imprenditori ci vogliono le truppe. Se hai dietro un consenso e una proposta ragionevole allora gli industriali ti stimano, ti ascoltano. Se lecchi i piedi, non ti stimano e non ti ascoltano". Questa bandiera quindi non la molla. "Ma lo sapevate che Di Pietro aveva aderito allo sciopero nazionale della Cgil? E che il 13 sarà in piazza sia con i metalmeccanici sia con i dipendenti pubblici? Ma vi pare che il Pd si deve far togliere la rappresentanza dei lavoratori da Tonino?".

No, così non va. Il partito, com'è oggi, non funziona. Le attenuanti non mancano, "perché lo so anch'io che siamo ancora nella fase costituente". Ma il Pd non riesce a darsi un profilo, una missione. "Perché esistiamo?", è la domanda senza risposta. Il riformismo "non è andar per funghi, come ho visto alla scuola di formazione di Cortona", fiore all'occhiello veltroniano. "Parla Rifkin, poi un altro professorone, un altro ancora e alla fine non si capisce l'obiettivo". Anche la conferenza programmatica di aprile può diventare un'occasione persa. "L'ho detto a Bettini. Coinvolgiamo subito la periferia, organizziamo assemblee sul territorio, facciamoci mandare dei documenti su 4-5 grandi temi: la crisi, l'Europa visto che si vota dopo poco, un Welfare universalistico, il Nord e il Sud. Mi ha ascoltato con grande attenzione, poi si è deciso il contrario. Si chiamano a raccolta 3000 persone il giorno prima, le si divide in una decina di gruppi, poi all'assemblea parlano i portavoce dei gruppi, due ospiti stranieri, magari Bono o chissà chi altro, si chiude con un discorso di Veltroni. Ma così Walter si riduce a fare il leader dei supporter e questo non può bastare a un grande partito". Invece è necessario motivare gli iscritti, farli partecipare. "Sennò tanto vale mettere nei circoli quei manifesti che si appendevano dal barbiere: vietato parlare di politica".

La sua candidatura è emersa da una riunione di Red, l'associazione dalemiana. Come dire che nasce nell'ambito dell'eterno dualismo tra Massimo e Walter. "Lo so, è una dinamica che ha stancato anche me. Però a Veltroni è piaciuto il cappello di D'Alema alle primarie.". Con il segretario in questi giorni ha il dente avvelenato. "Se hai un'opinione diversa vuoi distruggere il partito. Se ti acconci, come è avvenuto per la legge delle Europee, sei uno sconfitto. Adesso basta. Quando io e mia moglie litigavamo di brutto non andavo di là dalle bambine a dire che il papà voleva strangolare la mamma. Le consolavo: "Non succede niente, stiamo solo discutendo"". Bersani non scrive romanzi, non ha la barca, non cucina risotti. E' un antipersonaggio, per molti più un tecnico che un politico, molto competente sì, ma oltre questo? "Forse è pure vero, sembro un tecnico, ma ho anche approfittato di questa fama per rimanere fuori da certi meccanismi". Del suo privato si conosce soprattutto la passione per Vasco Rossi. "E chi dice che è un maschilista non capisce niente. Le donne sanno benissimo che il maschilismo di Vasco è solo un vezzo, un gioco. A far girare il mondo, anche in quelle canzoni, sono sempre loro".