lunedì 30 marzo 2009
Missione compiuta
Cinque anni fa, dopo quattro di governo, Berlusconi era politicamente morto: perdeva tutte le elezioni (europee, regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali) ed era 10 punti sotto il centrosinistra nei sondaggi. Poi qualche furbone Ds ebbe la bella pensata di scalare la Bnl con i furbetti del quartierino e di farsi pure beccare. Risultato: un anno dopo Berlusconi pareggiò le elezioni condannando Prodi a subire i ricatti dell’ultimo partitucolo. Eppure il governo Prodi, tra una «spallata» berlusconiana e l’altra, non cadeva. E nel novembre 2007 il Cainano era di nuovo politicamente defunto: s’accompagnava a una Brambilla qualsiasi e fondava un partito qualsiasi sul predellino della sua Mercedes. Bastava aiutare gli ex alleati in fuga Bossi, Fini e Casini a seppellire quello che l’«amico Gianfranco» chiamava «la comica finale». Invece l’astuto Uòlter aiutò il cadavere a risorgere. Ora che Al Tappone viene incoronato imperatore, per capire tutto basta leggere l’intervista di Massimo Calearo, genialmente candidato dal Pd, che plaude sul Corriere alla legge «salva-assassini», cioè alla controriforma Pdl della sicurezza sul lavoro: «Non è con la prigione per gli imprenditori che si evitano le tragedie come quelle della Thyssen». Ora Calearo dovrebbe spiegare quando mai un imprenditore, fra i tanti che condannano a morte i loro operai e poi ne spostano il cadavere da dentro a fuori il cantiere per inscenare il «tragico incidente», sia finito in prigione. Casomai non ne trovasse nemmeno uno, dovrebbe rettificare la sciocchezza che ha detto. O, in alternativa, iscriversi al Pdl.
L'acclamazione oceanica, così nasce un partito
È l’una di domenica mattina, per chi ci va l’ora della Messa, quando Silvio Berlusconi dice: «Il Popolo della Libertà guiderà la Terza Ricostruzione». La sua immagine è riprodotta in cinque megaschermi, migliaia di occhi sono puntati sul replicante gigantesco in video, nessuno guarda l’uomo in carne ed ossa minuscolo, quasi invisibile laggiù. Fuori dal padiglione 8 centinaia di persone premono per entrare ma non si può, la sala è troppo piena. Urlano, sono assessori e consiglieri, presidenti di municipalizzate con le mogli: ne hanno diritto, hanno fatto ore di viaggio e vogliono sentirlo. Il megamostro della nuova Fiera di Roma costruita nel nulla brulica di popolo delle Libertà: sulle scale mobili e sui tapis roulant, lungo i chilometrici corridoi, nei sottoscala a scambiarsi numeri, sotto le gallerie di plastica a ripararsi dal vento. Una città fantasma improvvisamente abitata da una folla compatta. Cosa ha detto? Chiede sudato un siciliano sui sessanta in abito scuro rimasto fuori a premere. Ha detto: guideremo la terza ricostruzione, risponde la guardia privata che gli inibisce l’ingresso.
Il boato di applausi filtra dalla porta antipanico socchiusa. Il popolo della Terza Ricostruzione gioisce, dentro e fuori. Quali siano state le Prima e la Seconda ricostruzione non è importante. Di cosa si nutrirà la Terza in fondo nemmeno. Quello che conta è avere un compito: una missione supereroica e intergalattica, un posto magnifico dove andare tutti insieme a bordo di autoblu in corsia preferenziale, ma anche no.
Gli italiani stanno con chi vince. È una storia antica. Francia o Spagna. Gli italiani - la maggioranza degli italiani - acclama il vincitore: il suo potere, la sua corte, si lascia accarezzare dai tentacoli lunghissimi che tintinnano denaro, occasioni, opportunità, promesse. Cerchi concentrici di benefici a cascata, dalla sorgente fino all’ultimo rivolo. Gli italiani hanno famiglia. Stare al sole conviene, chiunque abbia buon senso capisce che è meglio di rabbrividire all’ombra. Si spostano rapidi, a volte - nella storia - hanno cambiato colore in un giorno. Non tutti certo. Naturalmente non tutti: moltissimi però. «Siamo il 44 per cento», dice ora l’onnipotente dal palco. Se anche fosse il 40 o il 38 non cambierebbe molto. È vero: sono passati 15 anni dalla discesa in campo, non un giorno, ma quel che è successo è questo. Qui non c’è più il partito di plastica della fondazione, i venditori di Publitalia e i dirigenti della Standa. Non c’è più lo scheletro d’acciaio messo su da Scajola con le tessere di quelle che furono i resti della Dc e del Psi. Non c’è solo il Sud degli apparati, il Nord delle fabbriche, la nomenklatura degli aspiranti potenti.
Nel padiglione 8, oggi, c’è un pezzo importante di paese reale - pochi i vecchi, molti i nati e cresciuti nel frattempo - che crede e acclama il profeta della Terza Ricostruzione. «Missionari della libertà» che dalla missione hanno e avranno solo da guadagnare: piccole commesse e grandi appalti, un posto per il figlio e una particina in tv, un invito a cena, un contratto da consulente alla provincia, un lavoretto o un ministero. Sotto il palco due bellissime ragazze gemelle - una in stivali bianchi, l’altra in sandali di strass - implorano la body guard: «Ci lasci passare, noi lo conosciamo bene. Vedrà: se ci vede ci riconosce». Lui sorride e risponde «non ne dubito, il presidente ha buon gusto». Luisa Todini, ex giovane imprenditrice funzionale al progetto qualche lustro fa, sfila via da un corridoio laterale. Nuove diciottenni vestite di azzurro avanzano. «Salutami il ministro», dice con forte accento calabrese un corpulento stempiato a una post-adolescente.
Lei annuisce e inclina il capo correndo. Nel discorso della fondazione non c’è nulla. L’unica notizia è che sarà capolista alle europee, del resto si sapeva. Il presidente del consiglio capolista per l’Europa: ovvio che non ci andrà mai. Sfida l’opposizione a fare altrettanto come se fosse il suo un gesto nobile anzichè una truffa. Per il resto: nulla di nuovo, nulla di vero. Berlusconi ha preparato un compito per punti. I giovani, due minuti: no agli aiutini, «no alle corsie preferenziali come nel ’68», case ai ragazzi per «farli uscire dal guscio». Applausi, inquadrature di studenti adoranti. Scuola e università: quattro minuti. Rivoluzione digitale a scuola. E-booking. Gelmini Applaude dietro gli occhiali. Chiudere le piccole università premiare le grandi. No alle baronie di parenti e amici. Nuova ovazione. Donne: tre minuti. «Esiste una questione femminile in posizioni di vertice». Giorgia Meloni fa sì con la testa schierata in prima fila col governo al completo. Ambiente: un minuto. Non imbrattare i muri, non buttare la carta per strada. Entusiasmo e sventolio di bandiere all’importante annuncio.
Costituzione: trenta secondi. «Vogliamo cambiarla per arricchirla». Pubblica Amministrazione: abbatteremo il Moloch, ci penserà Brunetta. Apoteosi per Brunetta, Robin di questo Batman, supereroe in seconda. Una parola di elogio anche a Tremonti, per evitare ripicche in consiglio dei ministri, una vaghissima in risposta a Fini autore dell’unico vero discorso politico della tre giorni. Niente di concreto, naturalmente. Fini oltretutto deve averlo intuito e non c’è. Menia, per An, è l’unico che a fine giornata ironizza: «Si vede che Berlusconi ha deciso di rispondere un altro giorno». Coraggiosissimo, Menia. Teniamo d’occhio le sue sorti. Così come Fini aveva elencato i temi della politica e della vita - xenofobia e laicità, referendum e crisi economica - Berlusconi ha evitato di farlo.
Il premier non parla del mondo che c’è: parla di quello che vorrebbe ci fosse. Non vive nel mondo reale ma nella fiaba che immagina. Non affronta i problemi, non entra nel merito di nessuno: annuncia che saranno tutti quanti superati dai missionari della Libertà guidati da lui medesimo nella terza era nel nuovo mondo. Lo acclamano come un profeta, il condottiero. I delegati che lo filmano coi videofonini stringono sottobraccio l’incredibile brochure che il presidente ha preparato per loro: il discorso della discesa in campo del ’94 scritto in caratteri gotici da amanuense e impaginato su carta di prestigio come una fiaba, fiori e foglie fra i capitoli. «C’era una volta un Re…», in edizione limitata, un vero cimelio per i posteri.
Non è solo fiabesca però questa storia. Non sono fanciulli le migliaia di persone qui dentro e i milioni fuori da qui. Sono adulti che direste consapevoli. Quando, alle due, il Signore della Terza Ricostruzione dice «voi siete, vi nomino adesso missionari della libertà» - il gesto è quello di Re Artù - un brivido autentico percorre la sala. E’ l’investitura solenne. È l’atto finale e insieme iniziale di un cammino elevato al rango di saga. In tre capitoli, tre atti. Una miscela di tradizioni letterarie, cinematografiche, televisive e religiose diventano qui partito politico. La città fantasma e la missione rifondativa rimandano ai mondi sovrappopolati di Anthony Burgess, ai labirinti a pianta ottagonale di Borges, alle fiabe gotiche e a «Guerre Stellari». All’«Esercito delle dodici scimmie» (il virus è il comunismo) prima ancora che al «Pianeta delle scimmie». «La nostra forza sopravviverà ai suoi fondatori», grida adesso. La gente in piedi scandisce il suo nome, Sil-vio Sil-vio.
Ogni vero messia ha generato popoli, alcuni credono nel pantadimensionismo, ci sono guru che spiegano che veniamo da un’asteroide altri che immaginano la rinascita in un mondo di quarzi. «Siamo una felice espressione della cultura del nostro tempo: la cultura del fare». Non c’è ideologia, dunque. C’è un pragmatismo da televendita, Iva Zanicchi è raggiate, una dimensione spettacolare e televisiva del potere che ormai anche Gasparri e La Russa, gli sgherri del sovrano, hanno imparato coi loro ghigni a riverire.
Quando è il momento di cantare l’Inno d’Italia tutti insieme il Signore della Terza Ricostruzione chiama accanto a sé le dame: Mara Carfagna è la più bella e la più intelligente, una supremazia riconosciuta dalle altre - ci vuole talento, del resto - che si fanno un passo indietro. Tajani quasi piange. Ronchi con lo sguardo di gelo mastica chewing gum, Brunetta si fa strada verso il leader incoraggiato da Stefania Prestigiacomo china su di lui. Al momento di declamare «siam pronti alla morte» l’onnipotente si concede la goliardia consueta, fa cenno con la mano: mica tanto, la morte no. Tutti ridono. Alemanno al momento dei saluti gli affonda la testa nell’ascella, Tremonti gli fa un cenno di lontano con la mano, le ministre lo baciano, Ronchi continua a masticare, Scajola sta discosto, Tajani resta sul palco fino all’ultimo, lui da solo al posto del leader in un momento di privata commozione. La folla scema dalla città nel nulla, l’ingorgo è tale che ci vogliono due ore per tornare nel mondo. Le (moltissime) auto blu sgommano in corsia di privilegio, gli altri arrancano in coda a passo d’uomo. Nel percorso obbligato si passa sul tetto di tre casette a due piani rimaste imprigionate dal megamostro edilizio. Hanno le inferriate alle porte e ai balconi. L’antenna parabolica sul tetto. Dietro le tende si intravedono sagome di umani a tavola, reduci della seconda ricostruzione o forse della prima. Superstiti di un mondo scomparso, il mondo reale. Avendo le paraboliche avranno saputo della terza era di conquista in tv
Il boato di applausi filtra dalla porta antipanico socchiusa. Il popolo della Terza Ricostruzione gioisce, dentro e fuori. Quali siano state le Prima e la Seconda ricostruzione non è importante. Di cosa si nutrirà la Terza in fondo nemmeno. Quello che conta è avere un compito: una missione supereroica e intergalattica, un posto magnifico dove andare tutti insieme a bordo di autoblu in corsia preferenziale, ma anche no.
Gli italiani stanno con chi vince. È una storia antica. Francia o Spagna. Gli italiani - la maggioranza degli italiani - acclama il vincitore: il suo potere, la sua corte, si lascia accarezzare dai tentacoli lunghissimi che tintinnano denaro, occasioni, opportunità, promesse. Cerchi concentrici di benefici a cascata, dalla sorgente fino all’ultimo rivolo. Gli italiani hanno famiglia. Stare al sole conviene, chiunque abbia buon senso capisce che è meglio di rabbrividire all’ombra. Si spostano rapidi, a volte - nella storia - hanno cambiato colore in un giorno. Non tutti certo. Naturalmente non tutti: moltissimi però. «Siamo il 44 per cento», dice ora l’onnipotente dal palco. Se anche fosse il 40 o il 38 non cambierebbe molto. È vero: sono passati 15 anni dalla discesa in campo, non un giorno, ma quel che è successo è questo. Qui non c’è più il partito di plastica della fondazione, i venditori di Publitalia e i dirigenti della Standa. Non c’è più lo scheletro d’acciaio messo su da Scajola con le tessere di quelle che furono i resti della Dc e del Psi. Non c’è solo il Sud degli apparati, il Nord delle fabbriche, la nomenklatura degli aspiranti potenti.
Nel padiglione 8, oggi, c’è un pezzo importante di paese reale - pochi i vecchi, molti i nati e cresciuti nel frattempo - che crede e acclama il profeta della Terza Ricostruzione. «Missionari della libertà» che dalla missione hanno e avranno solo da guadagnare: piccole commesse e grandi appalti, un posto per il figlio e una particina in tv, un invito a cena, un contratto da consulente alla provincia, un lavoretto o un ministero. Sotto il palco due bellissime ragazze gemelle - una in stivali bianchi, l’altra in sandali di strass - implorano la body guard: «Ci lasci passare, noi lo conosciamo bene. Vedrà: se ci vede ci riconosce». Lui sorride e risponde «non ne dubito, il presidente ha buon gusto». Luisa Todini, ex giovane imprenditrice funzionale al progetto qualche lustro fa, sfila via da un corridoio laterale. Nuove diciottenni vestite di azzurro avanzano. «Salutami il ministro», dice con forte accento calabrese un corpulento stempiato a una post-adolescente.
Lei annuisce e inclina il capo correndo. Nel discorso della fondazione non c’è nulla. L’unica notizia è che sarà capolista alle europee, del resto si sapeva. Il presidente del consiglio capolista per l’Europa: ovvio che non ci andrà mai. Sfida l’opposizione a fare altrettanto come se fosse il suo un gesto nobile anzichè una truffa. Per il resto: nulla di nuovo, nulla di vero. Berlusconi ha preparato un compito per punti. I giovani, due minuti: no agli aiutini, «no alle corsie preferenziali come nel ’68», case ai ragazzi per «farli uscire dal guscio». Applausi, inquadrature di studenti adoranti. Scuola e università: quattro minuti. Rivoluzione digitale a scuola. E-booking. Gelmini Applaude dietro gli occhiali. Chiudere le piccole università premiare le grandi. No alle baronie di parenti e amici. Nuova ovazione. Donne: tre minuti. «Esiste una questione femminile in posizioni di vertice». Giorgia Meloni fa sì con la testa schierata in prima fila col governo al completo. Ambiente: un minuto. Non imbrattare i muri, non buttare la carta per strada. Entusiasmo e sventolio di bandiere all’importante annuncio.
Costituzione: trenta secondi. «Vogliamo cambiarla per arricchirla». Pubblica Amministrazione: abbatteremo il Moloch, ci penserà Brunetta. Apoteosi per Brunetta, Robin di questo Batman, supereroe in seconda. Una parola di elogio anche a Tremonti, per evitare ripicche in consiglio dei ministri, una vaghissima in risposta a Fini autore dell’unico vero discorso politico della tre giorni. Niente di concreto, naturalmente. Fini oltretutto deve averlo intuito e non c’è. Menia, per An, è l’unico che a fine giornata ironizza: «Si vede che Berlusconi ha deciso di rispondere un altro giorno». Coraggiosissimo, Menia. Teniamo d’occhio le sue sorti. Così come Fini aveva elencato i temi della politica e della vita - xenofobia e laicità, referendum e crisi economica - Berlusconi ha evitato di farlo.
Il premier non parla del mondo che c’è: parla di quello che vorrebbe ci fosse. Non vive nel mondo reale ma nella fiaba che immagina. Non affronta i problemi, non entra nel merito di nessuno: annuncia che saranno tutti quanti superati dai missionari della Libertà guidati da lui medesimo nella terza era nel nuovo mondo. Lo acclamano come un profeta, il condottiero. I delegati che lo filmano coi videofonini stringono sottobraccio l’incredibile brochure che il presidente ha preparato per loro: il discorso della discesa in campo del ’94 scritto in caratteri gotici da amanuense e impaginato su carta di prestigio come una fiaba, fiori e foglie fra i capitoli. «C’era una volta un Re…», in edizione limitata, un vero cimelio per i posteri.
Non è solo fiabesca però questa storia. Non sono fanciulli le migliaia di persone qui dentro e i milioni fuori da qui. Sono adulti che direste consapevoli. Quando, alle due, il Signore della Terza Ricostruzione dice «voi siete, vi nomino adesso missionari della libertà» - il gesto è quello di Re Artù - un brivido autentico percorre la sala. E’ l’investitura solenne. È l’atto finale e insieme iniziale di un cammino elevato al rango di saga. In tre capitoli, tre atti. Una miscela di tradizioni letterarie, cinematografiche, televisive e religiose diventano qui partito politico. La città fantasma e la missione rifondativa rimandano ai mondi sovrappopolati di Anthony Burgess, ai labirinti a pianta ottagonale di Borges, alle fiabe gotiche e a «Guerre Stellari». All’«Esercito delle dodici scimmie» (il virus è il comunismo) prima ancora che al «Pianeta delle scimmie». «La nostra forza sopravviverà ai suoi fondatori», grida adesso. La gente in piedi scandisce il suo nome, Sil-vio Sil-vio.
Ogni vero messia ha generato popoli, alcuni credono nel pantadimensionismo, ci sono guru che spiegano che veniamo da un’asteroide altri che immaginano la rinascita in un mondo di quarzi. «Siamo una felice espressione della cultura del nostro tempo: la cultura del fare». Non c’è ideologia, dunque. C’è un pragmatismo da televendita, Iva Zanicchi è raggiate, una dimensione spettacolare e televisiva del potere che ormai anche Gasparri e La Russa, gli sgherri del sovrano, hanno imparato coi loro ghigni a riverire.
Quando è il momento di cantare l’Inno d’Italia tutti insieme il Signore della Terza Ricostruzione chiama accanto a sé le dame: Mara Carfagna è la più bella e la più intelligente, una supremazia riconosciuta dalle altre - ci vuole talento, del resto - che si fanno un passo indietro. Tajani quasi piange. Ronchi con lo sguardo di gelo mastica chewing gum, Brunetta si fa strada verso il leader incoraggiato da Stefania Prestigiacomo china su di lui. Al momento di declamare «siam pronti alla morte» l’onnipotente si concede la goliardia consueta, fa cenno con la mano: mica tanto, la morte no. Tutti ridono. Alemanno al momento dei saluti gli affonda la testa nell’ascella, Tremonti gli fa un cenno di lontano con la mano, le ministre lo baciano, Ronchi continua a masticare, Scajola sta discosto, Tajani resta sul palco fino all’ultimo, lui da solo al posto del leader in un momento di privata commozione. La folla scema dalla città nel nulla, l’ingorgo è tale che ci vogliono due ore per tornare nel mondo. Le (moltissime) auto blu sgommano in corsia di privilegio, gli altri arrancano in coda a passo d’uomo. Nel percorso obbligato si passa sul tetto di tre casette a due piani rimaste imprigionate dal megamostro edilizio. Hanno le inferriate alle porte e ai balconi. L’antenna parabolica sul tetto. Dietro le tende si intravedono sagome di umani a tavola, reduci della seconda ricostruzione o forse della prima. Superstiti di un mondo scomparso, il mondo reale. Avendo le paraboliche avranno saputo della terza era di conquista in tv
Comunicato stampa in risposta al comunicato del Sindaco
Per scimmiottare il comunicato stampa apparso sul sito del Comune di Seregno potrei iniziare dicendo che, in un periodo di crisi economica grave, se un Sindaco non capisce che mettere in cattiva luce l’azienda dei seregnesi, significa rischiare di perdere utenti del servizio, e quindi di far perdere valore all’azienda stessa, allora credo che debba fare qualcosa d’altro.
Oppure potrei partire dalla lettera firmata dal Sindaco, che così recita “ ci viene addirittura contestata la creazione della nuova società che viene percepita negativamente e lontana dalla realtà del territorio…. Le vostre ultime decisioni paiono confermare le manchevolezze nella gestione affidatavi”
Partendo da questi presupposti è facile capire che non è vero che il Sindaco di Seregno abbia semplicemente chiesto la rateizzazione delle bollette.
Il Sindaco di Seregno ha contribuito all’operazione dei Sindaci di Desio, Cesano, Lissone ecc di contestare l’amministrazione di Gelsia, che, ripeto, appartiene per l’80% ai cittadini seregnesi.
Quindi sono stati proprio loro a utilizzare un problema reale, i problemi economici delle famiglie, per costruire una polemica contro Gelsia. E se questo il Sindaco di Seregno non lo capisce, veramente per il bene di Seregno è meglio che faccia qualcosa d’altro
A fronte di questo atteggiamento irresponsabile, soprattutto del Sindaco di Seregno, non c’è stata nessuna polemica pretestuosa nella mia interpellanza, ma una domanda chiara: Gelsia ha operato bene oppure no. Se ha operato bene, come sostiene il Sindaco, allora doveva essere difesa, non attaccata dal Sindaco stesso. Si è mai visto un’azienda che viene attaccata dal suo proprietario? Solo a Seregno è possibile.
Il Sindaco di Seregno rappresenta i seregnesi, che hanno sempre pagato le bollette, e rappresenta, sempre per conto dei seregnesi, l’80% di Gelsia. Quindi qual è l’interesse dei cittadini seregnesi? Mettere in cattiva luce la propria azienda per delle colpe che non ha? Se il Sindaco di Seregno avesse voluto la rateizzazione delle bollette, poteva chiederlo come socio di maggioranza a Gelsia Energia, senza farsi coinvolgere dalla strumentalizzazione politica cavalcata dagli altri Sindaci
E se questo il Sindaco di Seregno non lo capisce, veramente per il bene di Seregno è meglio che faccia qualcosa d’altro, Oppure la capisce bene ma in ogni caso ha voluto partecipare alla strumentalizzazione politica della vicenda. Ma questa è una altra storia, in ogni caso anche se fosse così il bene dei cittadini seregnesi viene sempre per ultimo.
Spero che la prossima volta in cui ci sia coinvolta Gelsia il Sindaco metta al primo posto gli interessi degli utenti seregnesi, e quello dei cittadini seregnesi proprietari di Gelsia, e solo dopo tutto il resto.
Oppure potrei partire dalla lettera firmata dal Sindaco, che così recita “ ci viene addirittura contestata la creazione della nuova società che viene percepita negativamente e lontana dalla realtà del territorio…. Le vostre ultime decisioni paiono confermare le manchevolezze nella gestione affidatavi”
Partendo da questi presupposti è facile capire che non è vero che il Sindaco di Seregno abbia semplicemente chiesto la rateizzazione delle bollette.
Il Sindaco di Seregno ha contribuito all’operazione dei Sindaci di Desio, Cesano, Lissone ecc di contestare l’amministrazione di Gelsia, che, ripeto, appartiene per l’80% ai cittadini seregnesi.
Quindi sono stati proprio loro a utilizzare un problema reale, i problemi economici delle famiglie, per costruire una polemica contro Gelsia. E se questo il Sindaco di Seregno non lo capisce, veramente per il bene di Seregno è meglio che faccia qualcosa d’altro
A fronte di questo atteggiamento irresponsabile, soprattutto del Sindaco di Seregno, non c’è stata nessuna polemica pretestuosa nella mia interpellanza, ma una domanda chiara: Gelsia ha operato bene oppure no. Se ha operato bene, come sostiene il Sindaco, allora doveva essere difesa, non attaccata dal Sindaco stesso. Si è mai visto un’azienda che viene attaccata dal suo proprietario? Solo a Seregno è possibile.
Il Sindaco di Seregno rappresenta i seregnesi, che hanno sempre pagato le bollette, e rappresenta, sempre per conto dei seregnesi, l’80% di Gelsia. Quindi qual è l’interesse dei cittadini seregnesi? Mettere in cattiva luce la propria azienda per delle colpe che non ha? Se il Sindaco di Seregno avesse voluto la rateizzazione delle bollette, poteva chiederlo come socio di maggioranza a Gelsia Energia, senza farsi coinvolgere dalla strumentalizzazione politica cavalcata dagli altri Sindaci
E se questo il Sindaco di Seregno non lo capisce, veramente per il bene di Seregno è meglio che faccia qualcosa d’altro, Oppure la capisce bene ma in ogni caso ha voluto partecipare alla strumentalizzazione politica della vicenda. Ma questa è una altra storia, in ogni caso anche se fosse così il bene dei cittadini seregnesi viene sempre per ultimo.
Spero che la prossima volta in cui ci sia coinvolta Gelsia il Sindaco metta al primo posto gli interessi degli utenti seregnesi, e quello dei cittadini seregnesi proprietari di Gelsia, e solo dopo tutto il resto.
mercoledì 25 marzo 2009
Una legge contro il territorio
Le licenze facili e i permessi edilizi fai da te decretano la fine delle nostre malconce istituzioni. Il territorio, la città e l'architettura non dipendono da un'anarchia progettuale che non rispetta il contesto, al contrario dipendono dalla civiltà e dalle leggi della comunità. La proposta di liberalizzazione dell'edilizia, annunciata dal presidente Berlusconi, rischierebbe di compromettere in maniera definitiva il territorio. Ecco perché c'è bisogno di un sussulto civile delle coscienze di questo paese.
Gae Aulenti
Massimiliano Fuksas
Vittorio Gregotti
Vai alle firme
FIRMA ANCHE TU
(i campi con * vanno obbligatoriamente riempiti)
Nome*
Cognome*
Città*
Professione
Gae Aulenti
Massimiliano Fuksas
Vittorio Gregotti
Vai alle firme
FIRMA ANCHE TU
(i campi con * vanno obbligatoriamente riempiti)
Nome*
Cognome*
Città*
Professione
Oggetto:IINTERPELLANZA – CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DI GELSIA
Con la presente vorrei sapere:
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia holding?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia reti?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia energia?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia calore?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia ambiente?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di AEB?
Quanto hanno ricevuto i Presidenti e i Consiglieri di amministrazione delle sopraccitate società a titolo di rimborso spese?
Se esistono carte di credito dell’azienda, quanto è stato speso utilizzando le sopraccitate carte?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia holding?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia reti?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia energia?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia calore?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di Gelsia ambiente?
Quante volte nel corso del 2008 si è riunito il consiglio di amministrazione di AEB?
Quanto hanno ricevuto i Presidenti e i Consiglieri di amministrazione delle sopraccitate società a titolo di rimborso spese?
Se esistono carte di credito dell’azienda, quanto è stato speso utilizzando le sopraccitate carte?
L’AMMINISTRAZIONE SCRICCHIOLA?
Primi segni di cedimento nella granitica compagine di centrodestra a Seregno
Martedì dovevamo discutere della macchina mangiasoldi, ovvero la modifica dello statuto di AMSP srl, che prevede consiglieri di amministrazione, presidente, amministratore delegato, revisore, collegio dei sindaci, tutti pagati per fare cosa? Dare in gestione 3 Bar!!!!!!!!
Vi elenco i sintomi del cedimento, e le strane coincidenze.
Innanzitutto martedì non c’era il numero legale, perché oltre a consiglieri giustificati per lavoro o per malattia, si è notata l’assenza della compagine di Amare Seregno, sia consiglieri che assessori.
Stranamente questa assenza arriva subito dopo le dichiarazioni dell’Assessore Gavazzi sulla salvaguardia delle aree verdi a San Giuseppe e Meredo. E, strana coincidenza, proprio al Meredo, l’assessore Caiani (Amare Seregno) aveva proposto di fare un campo volo o un campo di golf!!!!
Prima ancora sui piani integrati di intervento l’altro consigliere di Amare Seregno ha chiesto di allegare dei pareri legali.
L’altro sintomo sono i nervi a fior di pelle del Sindaco, che, per sua sfortuna, non riesce a trattenere la sua emotività. Di fronte a una mia interpellanza su cosa succede in Gelsia Energia si è infuriato, ha parlato fuori microfono, ha anche offeso. Vi allego il testo dell’interpellanza.
Non si sa se essere contenti o no, perché da una parte speriamo che l’amministrazione cada per incompetenza assodata. Ma dall’altra parte non vorrei che per non farla cadere trovino un accordo sulle aree verdi (per costruirle naturalmente). Comunque in questa partita interna alla maggioranza tifo Gavazzi, se mantiene quello che ha detto nell’intervista (salvaguardia di San Giuseppe e Meredo)
Oggetto: INTERPELLANZA – COSA SUCCEDE IN GELSIA ENERGIA
Gli utenti di Gelsia sono sul piede di guerra per i rincari delle bollette.
La cosa che più mi stupisce è che il padrone di Gelsia, ovvero il Sindaco di Seregno, non solo non ne sa nulla, ma scrive addirittura una lettera di protesta.
E’ il solito gioco delle tre carte la maggioranza con una mano fa una cosa, con l’altra mano un'altra.
E’ un film già visto, ad esempio con una mano si firma la mozione del comitato S’Ambrogio per il sovrappasso, con l’altra di fatto la si cancella. Con una mano si dà una casa a uno spacciatore, con l’altra si protesta sui giornali. E così via. Questa volta con una mano è stato nominato il sig. Catanzaro, il quale percepisce 30.0000 euro, con l’altra si protesta per la gestione di Gelsia Energia.
La protesta dei Sindaci è un fatto estremamente grave, perché oltre a rinvigorire i dubbi sulle scelte delle persone che compongono i vari CDA, dà l’impressione di un’azienda allo sbando, tantè che il suo socio di maggioranza addirittura scrive lettere di lamentela..
Per quanto sopraccitato chiedo:
In base a quali criteri è stato scelto come presidente di Gelsia Energia il sig. Catanzaro?
Per quale motivo sono state emesse bollette così salate?
Perché il Sindaco di Seregnonon ne sapeva niente?
In attesa di risposta, saluto cordialmente
Martedì dovevamo discutere della macchina mangiasoldi, ovvero la modifica dello statuto di AMSP srl, che prevede consiglieri di amministrazione, presidente, amministratore delegato, revisore, collegio dei sindaci, tutti pagati per fare cosa? Dare in gestione 3 Bar!!!!!!!!
Vi elenco i sintomi del cedimento, e le strane coincidenze.
Innanzitutto martedì non c’era il numero legale, perché oltre a consiglieri giustificati per lavoro o per malattia, si è notata l’assenza della compagine di Amare Seregno, sia consiglieri che assessori.
Stranamente questa assenza arriva subito dopo le dichiarazioni dell’Assessore Gavazzi sulla salvaguardia delle aree verdi a San Giuseppe e Meredo. E, strana coincidenza, proprio al Meredo, l’assessore Caiani (Amare Seregno) aveva proposto di fare un campo volo o un campo di golf!!!!
Prima ancora sui piani integrati di intervento l’altro consigliere di Amare Seregno ha chiesto di allegare dei pareri legali.
L’altro sintomo sono i nervi a fior di pelle del Sindaco, che, per sua sfortuna, non riesce a trattenere la sua emotività. Di fronte a una mia interpellanza su cosa succede in Gelsia Energia si è infuriato, ha parlato fuori microfono, ha anche offeso. Vi allego il testo dell’interpellanza.
Non si sa se essere contenti o no, perché da una parte speriamo che l’amministrazione cada per incompetenza assodata. Ma dall’altra parte non vorrei che per non farla cadere trovino un accordo sulle aree verdi (per costruirle naturalmente). Comunque in questa partita interna alla maggioranza tifo Gavazzi, se mantiene quello che ha detto nell’intervista (salvaguardia di San Giuseppe e Meredo)
Oggetto: INTERPELLANZA – COSA SUCCEDE IN GELSIA ENERGIA
Gli utenti di Gelsia sono sul piede di guerra per i rincari delle bollette.
La cosa che più mi stupisce è che il padrone di Gelsia, ovvero il Sindaco di Seregno, non solo non ne sa nulla, ma scrive addirittura una lettera di protesta.
E’ il solito gioco delle tre carte la maggioranza con una mano fa una cosa, con l’altra mano un'altra.
E’ un film già visto, ad esempio con una mano si firma la mozione del comitato S’Ambrogio per il sovrappasso, con l’altra di fatto la si cancella. Con una mano si dà una casa a uno spacciatore, con l’altra si protesta sui giornali. E così via. Questa volta con una mano è stato nominato il sig. Catanzaro, il quale percepisce 30.0000 euro, con l’altra si protesta per la gestione di Gelsia Energia.
La protesta dei Sindaci è un fatto estremamente grave, perché oltre a rinvigorire i dubbi sulle scelte delle persone che compongono i vari CDA, dà l’impressione di un’azienda allo sbando, tantè che il suo socio di maggioranza addirittura scrive lettere di lamentela..
Per quanto sopraccitato chiedo:
In base a quali criteri è stato scelto come presidente di Gelsia Energia il sig. Catanzaro?
Per quale motivo sono state emesse bollette così salate?
Perché il Sindaco di Seregnonon ne sapeva niente?
In attesa di risposta, saluto cordialmente
lunedì 23 marzo 2009
Desio - La Gelsia presenta il conto, insorgono i cittadini
DESIO VALANGA DI PROTESTE ALLA GELSIA
Superbollette per il gas
I sindaci: famiglie oberate, fattura unica inopportuna
di ALESSANDRO CRISAFULLI
— DESIO —
DA QUALCHE GIORNO a Desio, e non solo, è esploso il caso «super-bollette»: centinaia di
cittadini si sono visti recapitare a casa conti salatissimi, anche fino a 600 euro. Una mazzata,
in un periodo in cui tante famiglie faticano ad arrivare a metà mese. Una sorpresa che ha
portato la gente a invadere gli uffici dell’azienda di via Giusti, a cercare risposte telefonicamente, a lamentarsi. «Come tanti - racconta ad esempio Biagio Faruoli - la bolletta ha suscitato in me sgomento per l’importo stratosferico, ma anche grandi perplessità sulla gestione dell’azienda. Il passaggio dalla nostra puntuale ed efficiente GSD a questo ibrido mostro chiamato Gelsia ha creato tutta una serie di problemi: un qualsiasi contatto con gli uffici è sempre lento e macchinoso, l’informazione è lacunosa». Dopo la valanga di proteste, Gelsia ha emesso un comunicato, con cui concede la rateizzazione dei debiti. Pur affermando che non ci sono «bollette pazze».
«QUESTO FATTO È DOVUTO all’aumento dei consumi causati da un inverno decisamente più freddo rispetto agli anni passati - spiega Gelsia Energia -. I consumi medi sono aumentati di circa il 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Oltre a questo, abbiamo dovuto effettuare il conguaglio delle tariffe applicate nei primi 6 mesi del 2006, in applicazione di una delibera dell’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas emessa a conclusione di una complessa vicenda che aveva avuto origine nel dicembre 2005, quando l’AEEG stessa aveva modificato le modalità di calcolo delle tariffe gas metano con una delibera poi parzialmente annullata dal giudice amministrativo. Gelsia Energia ha confermato la correttezza delle bollette, calcolate sulla base di una stima dei consumi effettivamente realizzati nel periodo considerato, ed applicando le disposizioni emanate dall’AEEG». Ma il sindaco Giampiero Mariani, con i colleghi di Cesano, Lissone e Seregno, ha preso una dura posizione, inviando una lettera al presidente di Gelsia Energia Giovanni Catanzaro: «A causa dei conguagli e dei rincari che sono stati applicati, esistono delle difficoltà oggettive nei pagamenti da parte di numerosi capi famiglia. In un periodo di crisi come questo è quanto meno inopportuna la decisione che vi ha portato a riunire in un’unica fattura così tante voci. Sarebbe stato opportuno sentire i sindaci/soci e concordare insieme modalità diverse. A questo punto, oltre a fare nostre le rimostranze dei nostri cittadini, vogliamo sottolineare come le vostre ultime decisioni paiono confermare le manchevolezze nella gestione affidatavi». Gelsia ha comunque messo a disposizione un servizio assistenza
specifico fino al 27 marzo, agli sportelli di via Giusti.
Superbollette per il gas
I sindaci: famiglie oberate, fattura unica inopportuna
di ALESSANDRO CRISAFULLI
— DESIO —
DA QUALCHE GIORNO a Desio, e non solo, è esploso il caso «super-bollette»: centinaia di
cittadini si sono visti recapitare a casa conti salatissimi, anche fino a 600 euro. Una mazzata,
in un periodo in cui tante famiglie faticano ad arrivare a metà mese. Una sorpresa che ha
portato la gente a invadere gli uffici dell’azienda di via Giusti, a cercare risposte telefonicamente, a lamentarsi. «Come tanti - racconta ad esempio Biagio Faruoli - la bolletta ha suscitato in me sgomento per l’importo stratosferico, ma anche grandi perplessità sulla gestione dell’azienda. Il passaggio dalla nostra puntuale ed efficiente GSD a questo ibrido mostro chiamato Gelsia ha creato tutta una serie di problemi: un qualsiasi contatto con gli uffici è sempre lento e macchinoso, l’informazione è lacunosa». Dopo la valanga di proteste, Gelsia ha emesso un comunicato, con cui concede la rateizzazione dei debiti. Pur affermando che non ci sono «bollette pazze».
«QUESTO FATTO È DOVUTO all’aumento dei consumi causati da un inverno decisamente più freddo rispetto agli anni passati - spiega Gelsia Energia -. I consumi medi sono aumentati di circa il 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Oltre a questo, abbiamo dovuto effettuare il conguaglio delle tariffe applicate nei primi 6 mesi del 2006, in applicazione di una delibera dell’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas emessa a conclusione di una complessa vicenda che aveva avuto origine nel dicembre 2005, quando l’AEEG stessa aveva modificato le modalità di calcolo delle tariffe gas metano con una delibera poi parzialmente annullata dal giudice amministrativo. Gelsia Energia ha confermato la correttezza delle bollette, calcolate sulla base di una stima dei consumi effettivamente realizzati nel periodo considerato, ed applicando le disposizioni emanate dall’AEEG». Ma il sindaco Giampiero Mariani, con i colleghi di Cesano, Lissone e Seregno, ha preso una dura posizione, inviando una lettera al presidente di Gelsia Energia Giovanni Catanzaro: «A causa dei conguagli e dei rincari che sono stati applicati, esistono delle difficoltà oggettive nei pagamenti da parte di numerosi capi famiglia. In un periodo di crisi come questo è quanto meno inopportuna la decisione che vi ha portato a riunire in un’unica fattura così tante voci. Sarebbe stato opportuno sentire i sindaci/soci e concordare insieme modalità diverse. A questo punto, oltre a fare nostre le rimostranze dei nostri cittadini, vogliamo sottolineare come le vostre ultime decisioni paiono confermare le manchevolezze nella gestione affidatavi». Gelsia ha comunque messo a disposizione un servizio assistenza
specifico fino al 27 marzo, agli sportelli di via Giusti.
Cesano, abbattuta la villetta abusiva dei famigliari di Massimo Ponzoni
Cesano -
La villetta bifamiliare abusiva intestata alla moglie di Massimo Ponzoni, assessore regionale all’Ambiente e politico di spicco di Forza Italia, è stata rasa al suolo.
Nella mattinata di oggi, venerdì 20 marzo, gli agenti della Polizia locale e i tecnici comunali hanno bussato alla porta del cancello di via Paolo Sarpi a Cascina Gaeta, per verificare che l’ordinanza firmata dal sindaco fosse stata rispettata. Davanti ai loro occhi si è presentato un terreno incolto. Addio per sempre al rustico della discordia.
Si chiude così una normale storia di abuso, che ha fatto molto clamore, anche sulla stampa nazionale, per via del nome arcinoto di Ponzoni. La vicenda ha inizio nel 2004 quando Argentino e Annamaria Cocozza (cognato e moglie di Ponzoni) e Maria Cacioppo (suocera di Ponzoni) diventano oggetto di una segnalazione in Comune, in cui si fa presente la costruzione di una casa abusiva a loro intestata. I tecnici comunali avviano l’iter di verifica e intanto i Cocozza chiedono il condono.
Ad aprile 2004 gli agenti della Polizia locale effettuano un sopralluogo e sospendono i lavori per abuso edilizio. Si va in tribunale. I Cocozza si rivolgono al Tar. Nel 2007 arriva la risposta del Comune: quella casa è abusiva. È il giugno del 2008 quando i due fratelli e Maria Cacioppo vengono condannati per abuso edilizio. Nell’ottobre dello stesso anno il comune emette un’ordinanza di abbattimento. È il 22 gennaio 2009 quando il Tar mette la parola fine: quella casa è abusiva e deve essere rasa al suolo.
La villetta bifamiliare abusiva intestata alla moglie di Massimo Ponzoni, assessore regionale all’Ambiente e politico di spicco di Forza Italia, è stata rasa al suolo.
Nella mattinata di oggi, venerdì 20 marzo, gli agenti della Polizia locale e i tecnici comunali hanno bussato alla porta del cancello di via Paolo Sarpi a Cascina Gaeta, per verificare che l’ordinanza firmata dal sindaco fosse stata rispettata. Davanti ai loro occhi si è presentato un terreno incolto. Addio per sempre al rustico della discordia.
Si chiude così una normale storia di abuso, che ha fatto molto clamore, anche sulla stampa nazionale, per via del nome arcinoto di Ponzoni. La vicenda ha inizio nel 2004 quando Argentino e Annamaria Cocozza (cognato e moglie di Ponzoni) e Maria Cacioppo (suocera di Ponzoni) diventano oggetto di una segnalazione in Comune, in cui si fa presente la costruzione di una casa abusiva a loro intestata. I tecnici comunali avviano l’iter di verifica e intanto i Cocozza chiedono il condono.
Ad aprile 2004 gli agenti della Polizia locale effettuano un sopralluogo e sospendono i lavori per abuso edilizio. Si va in tribunale. I Cocozza si rivolgono al Tar. Nel 2007 arriva la risposta del Comune: quella casa è abusiva. È il giugno del 2008 quando i due fratelli e Maria Cacioppo vengono condannati per abuso edilizio. Nell’ottobre dello stesso anno il comune emette un’ordinanza di abbattimento. È il 22 gennaio 2009 quando il Tar mette la parola fine: quella casa è abusiva e deve essere rasa al suolo.
mercoledì 18 marzo 2009
AMSP s.r.l.: un altro poltronificio?
L’amministrazione comunale vuole far gestire i bar del mercato, parco 2 giugno e stadio attraverso una società a responsabilità limitata controllata totalmente dal Comune. La bozza di Statuto di questa SRL presentata ai consiglieri comunali dà la possibilità di costituire un consiglio di amministrazione fino a 5 membri, designare un presidente e un amministratore delegato, tutti pagati con i limiti previsti dalla legge. E i limiti sono 30.000 euro per il presidente e 18.000 euro per i consiglieri di amministrazione. L’amministratore delegato addirittura si può pagare quanto si vuole.
La nomina viene fatta in maniera assolutamente discrezionale dal Sindaco. Visti i precedenti, ovvero la scelta di parenti e amici nei consigli di amministrazione di Gelsia e AEB (tutti stipendiati con i soldi delle nostre bollette, stipendi da 18.000 a 30.000 euro) il dubbio che venga costituita una società per dare la poltrona ad altri parenti ed amici è più che fondato.
Quindi si rischia di avere una società che costa 100.000 euro e cha ha l’unico compito di dare in affidamento 3 bar. Mi sembra francamente troppo. Già oggi le poltrone di Gelsia, AEB e tutte le società di scopo ci costano oltre 600.000 euro.
Inoltre non si dice come verranno dati e a chi la gestione dei Bar. A chi offre il prezzo più alto o secondo altri criteri a noi sconosciuti?
Su questi punti faremo battaglia in Consiglio comunale, prevedendo dei compensi non superiori al 30% dell’indennità del Sindaco per il Presidente del CDA e al 15% per gli altri componenti, riducendo il consiglio di amministrazione a soli 3 componenti; eliminando la figura dell’amministratore delegato; prevedendo apposite forme di pubblicità per la selezione dei gestori dei bar
La nomina viene fatta in maniera assolutamente discrezionale dal Sindaco. Visti i precedenti, ovvero la scelta di parenti e amici nei consigli di amministrazione di Gelsia e AEB (tutti stipendiati con i soldi delle nostre bollette, stipendi da 18.000 a 30.000 euro) il dubbio che venga costituita una società per dare la poltrona ad altri parenti ed amici è più che fondato.
Quindi si rischia di avere una società che costa 100.000 euro e cha ha l’unico compito di dare in affidamento 3 bar. Mi sembra francamente troppo. Già oggi le poltrone di Gelsia, AEB e tutte le società di scopo ci costano oltre 600.000 euro.
Inoltre non si dice come verranno dati e a chi la gestione dei Bar. A chi offre il prezzo più alto o secondo altri criteri a noi sconosciuti?
Su questi punti faremo battaglia in Consiglio comunale, prevedendo dei compensi non superiori al 30% dell’indennità del Sindaco per il Presidente del CDA e al 15% per gli altri componenti, riducendo il consiglio di amministrazione a soli 3 componenti; eliminando la figura dell’amministratore delegato; prevedendo apposite forme di pubblicità per la selezione dei gestori dei bar
Seregno: arrestati due comaschi
Seregno - Sono comaschi i due rapinatori che sabato 7 marzo hanno messo a segno un colpo alla farmacia di via Parini a Seregno, fuggendo con un bottino di 600 euro.
I carabinieri della compagna di Seregno sono risaliti a Costante Meregalli 47 anni, già noto alle forze dell'ordine (da qualche tempo risiede a Novedrate) e a Simone C., 32 anni, autista incensurato residente a Figino Serenza. I due uomini sono stati arrestati a seguito delle indagini a tutto campo avviate dai militari dell'Arma grazie alla segnalazione dell'auto usata dopo la rapina alla farmacia e ai numeri della targa raccolti parzialemente da alcuni testimoni.
Presso le abitazioni dei due i militari hanno ritrovato un passamontagna, un revolver giocattolo e 550 euro. Nel frattempo i carabinieri della Compagnia di Seregno stanno confrontando con i loro colleghi di Cantù e Como dati e modalità di altre rapine avvenute sul territorio per verificare se alla coppia di malfattori siano attribuili altri colpi. Una verifica che vede interessata anche la questura del capoluogo lariano.
I carabinieri della compagna di Seregno sono risaliti a Costante Meregalli 47 anni, già noto alle forze dell'ordine (da qualche tempo risiede a Novedrate) e a Simone C., 32 anni, autista incensurato residente a Figino Serenza. I due uomini sono stati arrestati a seguito delle indagini a tutto campo avviate dai militari dell'Arma grazie alla segnalazione dell'auto usata dopo la rapina alla farmacia e ai numeri della targa raccolti parzialemente da alcuni testimoni.
Presso le abitazioni dei due i militari hanno ritrovato un passamontagna, un revolver giocattolo e 550 euro. Nel frattempo i carabinieri della Compagnia di Seregno stanno confrontando con i loro colleghi di Cantù e Como dati e modalità di altre rapine avvenute sul territorio per verificare se alla coppia di malfattori siano attribuili altri colpi. Una verifica che vede interessata anche la questura del capoluogo lariano.
Un’altra lista è possibile
« Le primarie mi divertono solo se vince il candidato che mi pare
» Parabola sul ddl Calabrò
Europa, Home, Per un nuovo PD
Un’altra lista è possibile
03.17.09 | 5 Comments
Nell’imminenza delle elezioni europee riteniamo importantissimo che la scelta delle candidature del Partito Democratico avvenga sulla base di criteri nuovi che privilegino la costruzione di una classe politica motivata e le competenze internazionali e aggiornate dei candidati rispetto ai longevi curriculum istituzionali di rappresentanti già carichi di responsabilità.
Le ragioni sono molte ed essenziali per la crescita del PD, dell’Italia e della sua rappresentanza europea.
- Il Parlamento Europeo ha bisogno di persone attente alla modernità e ai cambiamenti internazionali, per le quali il futuro e non il passato sia un elemento decisivo della propria prospettiva politica. E di persone desiderose di impegnarsi e mettersi in gioco piuttosto che di trovare un sereno e confortevole ambito di rappresentanza. E ne hanno bisogno l’Europa, l’Italia e i suoi interessi europei.
- Il centrosinistra italiano possiede molte nuove competenze e disponibilità che non hanno finora trovato spazio nell’esercizio della politica nazionale e per le quali la concretezza dell’attività europea sarebbe il migliore terreno di formazione e valorizzazione.
- Il futuro del PD ha bisogno di una nuova classe dirigente, e la sua crescita politica è da molti anni assente dagli impegni dei partiti di cui è erede. E ne ha bisogno il futuro dell’Italia.
- In tempi di delusione e insoddisfazione per le recenti vicende politiche nazionali non darebbe una buona impressione agli elettori la riproposizione come candidati al Parlamento Europeo di persone che già occupano seggi al parlamento nazionale o incarichi istituzionali di altro tipo, salvo che se ne dimettessero prima. È importante che chiunque si candidi al Parlamento Europeo assuma l’impegno di dedicarsi pienamente ed esclusivamente al suo mandato per l’intera legislatura: chi viene eletto rimanga in Europa.
- Le elezioni europee attraggono per la natura dell’istituzione un voto di opinione e appartenenza, più che un’adesione a politiche definite o personalità specifiche. L’investimento su nomi meno noti e rodati non comporta quindi rischi di comunicazione, anzi andrebbe esattamente verso una richiesta di rinnovamento ormai molto insistente, oltre che legittima.
Avere caro il futuro dell’Europa, come si dice sempre, significa affidarne le istituzioni al futuro stesso, e non zavorrarle del passato. Noi chiediamo che queste indiscutibili ragioni orientino le scelte nella selezione delle candidature, e che guidino il Partito Democratico nella fedeltà al suo progetto.
» Parabola sul ddl Calabrò
Europa, Home, Per un nuovo PD
Un’altra lista è possibile
03.17.09 | 5 Comments
Nell’imminenza delle elezioni europee riteniamo importantissimo che la scelta delle candidature del Partito Democratico avvenga sulla base di criteri nuovi che privilegino la costruzione di una classe politica motivata e le competenze internazionali e aggiornate dei candidati rispetto ai longevi curriculum istituzionali di rappresentanti già carichi di responsabilità.
Le ragioni sono molte ed essenziali per la crescita del PD, dell’Italia e della sua rappresentanza europea.
- Il Parlamento Europeo ha bisogno di persone attente alla modernità e ai cambiamenti internazionali, per le quali il futuro e non il passato sia un elemento decisivo della propria prospettiva politica. E di persone desiderose di impegnarsi e mettersi in gioco piuttosto che di trovare un sereno e confortevole ambito di rappresentanza. E ne hanno bisogno l’Europa, l’Italia e i suoi interessi europei.
- Il centrosinistra italiano possiede molte nuove competenze e disponibilità che non hanno finora trovato spazio nell’esercizio della politica nazionale e per le quali la concretezza dell’attività europea sarebbe il migliore terreno di formazione e valorizzazione.
- Il futuro del PD ha bisogno di una nuova classe dirigente, e la sua crescita politica è da molti anni assente dagli impegni dei partiti di cui è erede. E ne ha bisogno il futuro dell’Italia.
- In tempi di delusione e insoddisfazione per le recenti vicende politiche nazionali non darebbe una buona impressione agli elettori la riproposizione come candidati al Parlamento Europeo di persone che già occupano seggi al parlamento nazionale o incarichi istituzionali di altro tipo, salvo che se ne dimettessero prima. È importante che chiunque si candidi al Parlamento Europeo assuma l’impegno di dedicarsi pienamente ed esclusivamente al suo mandato per l’intera legislatura: chi viene eletto rimanga in Europa.
- Le elezioni europee attraggono per la natura dell’istituzione un voto di opinione e appartenenza, più che un’adesione a politiche definite o personalità specifiche. L’investimento su nomi meno noti e rodati non comporta quindi rischi di comunicazione, anzi andrebbe esattamente verso una richiesta di rinnovamento ormai molto insistente, oltre che legittima.
Avere caro il futuro dell’Europa, come si dice sempre, significa affidarne le istituzioni al futuro stesso, e non zavorrarle del passato. Noi chiediamo che queste indiscutibili ragioni orientino le scelte nella selezione delle candidature, e che guidino il Partito Democratico nella fedeltà al suo progetto.
Non tocchiamo l’autonomia di Bankitalia
Non condivido questa assurdita' delle prefetture che devono controllare il credito". Il leader del Pd, boccia senza appello la presenza dei prefetti negli osservatori sul credito. "Chi vive nella realta' sa che non siamo in Francia - ha aggiunto – le prefetture non hanno le competenze". E anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, a poche ore dal suo ultimo exploit contro Bankitalia ( ha minacciato di affidare la vigilanza alla Bce) viene richiamato all’ordine: “Ogni tanto Tremonti ha scatti di nervosismo. Però, attenzione: litighiamo pure tra maggioranza e opposizione, ma lasciamo fuori Bankitalia, non tocchiamo la libertà e l'autonomia di Bankitalia
Berlusconi si butta a sinistra o Ferrero a destra?
Inevitabile il ritorno sulla proposta di assegno ai disoccupati, bocciata ieri dalla Camera e ignorata dal governo. Franceschini incalza Berlusconi e co. sul fattore tempo, ribadendo che non si può aspettare che intervengano misure strutturali e dire a chi sta per essere travolto dalla crisi “nel frattempo cavatevela da soli. Non è una risposta o è una risposta disonesta. Sappiamo benissimo che esistono misure strutturali per affrontare la crisi e misure di emergenza alcune delle nostre proposte come l'assegno di disoccupazione non sono chiaramente strutturali''. Con una battuta sarcastica commenta invece l’etichetta di “elemosina”, affibbiata alla tassa “una tantum” proposta dal PD: “ "Mi hanno detto che è elemosina l'altro ieri Ferrero, ieri Berlusconi. O Berlusconi è passato a sinistra o Ferrero è passato a destra. Ad ogni modo c'è qualcosa che non funziona se parlano tutti e due di elemosina”.
Il segretario continua ad opporsi fermamente alle posizioni prese dal governo ed all’insistente convinzione che le decisioni cardine si possano prendere senza tener conto dell’opposizione e delle forze sociali. La collaborazione, ne è convinto il leader PD, è l’unica strada affinché “tutti facciano la propria parte”. “Fatico a capire – attacca il leader PD - un ministro dell'Economia che dice di essere stato il primo a capire che la crisi sarebbe stata così dirompente e un governo che, quando se ne vedevano i primi effetti, ha preso provvedimenti come quello dello sgravio fiscale per i redditi elevati o l'operazione Alitalia, che costano complessivamente 5 miliardi di euro, che si sarebbero potuti spendere per le prime misure anti-crisi''.
Il segretario continua ad opporsi fermamente alle posizioni prese dal governo ed all’insistente convinzione che le decisioni cardine si possano prendere senza tener conto dell’opposizione e delle forze sociali. La collaborazione, ne è convinto il leader PD, è l’unica strada affinché “tutti facciano la propria parte”. “Fatico a capire – attacca il leader PD - un ministro dell'Economia che dice di essere stato il primo a capire che la crisi sarebbe stata così dirompente e un governo che, quando se ne vedevano i primi effetti, ha preso provvedimenti come quello dello sgravio fiscale per i redditi elevati o l'operazione Alitalia, che costano complessivamente 5 miliardi di euro, che si sarebbero potuti spendere per le prime misure anti-crisi''.
Referendum ed elezioni in un'unica data. E i soldi alle forze dell'ordine
Il prossimo giugno milioni di italiani saranno chiamati a scegliere i propri rappresentanti in Europa e nelle amministrazioni locali. Pochi giorni dopo si dovranno recare di nuovo alle urne per il voto referendario. La domanda che da tempo si pone il PD è perché non fare in modo che esista un unico turno, un election day, che permetta di portare ai seggi una volta sola e che, soprattutto, faccia risparmiare oltre 460 milioni di inutili spese elettorali. Una proposta di buon senso, una risposta che è vicina alle persone in grande difficoltà con l’estenuante crisi economica.
In effetti non pare che esistano valide motivazioni razionali per opporsi a questa richiesta se non quelle degli interessi di pochi, e di una persona in particolare, il cui obiettivo rimane quello di svilire l’importanza dell’istituto referendario e ricompattare una maggioranza sfilacciata. Detto in altri termini, a Berlusconi interessa solo evitare che il referendum ottenga il quorum necessario e poco importa se per ottenere il risultato vengano bruciati 460 milioni di euro in pochi giorni.
Durante il suo intervento in Aula della Camera, il segretario Dario Franceschi ha chiarito “che si debba avere, ognuno di noi, ogni forza politica, il coraggio delle proprie scelte politiche, anche se impopolari, anche se faticose da spiegare, come questa del rifiuto allo svolgimento in un unico giorno delle elezioni del 7 giugno, e non invece inventare ipocrisie, arrampicarsi su funzioni giuridiche più o meno improbabili, cercando di coprire invece il merito; e in questo caso il merito è molto chiaro: perché la maggioranza possa stare assieme deve pagare alla Lega il prezzo di un'operazione che attraverso i tempi di svolgimento del referendum ne impediscano, diano la certezza di impedirne l'approvazione, impedire cioè che vincano i sì”.
Poi parlando al Forum organizzato dalla Confcommercio a Cernobbio, il leader del Partito Democratico ha ribadito che "ci hanno detto 'no' anche sull'Election day. Questa è qualcosa che grida vendetta. E tutto - ha concluso - per evitare di raggiungere il quorum al referendum". Ovviamente quella del governo è una scelta per mettere al riparo la tenuta della maggioranza, per non innervosire la Lega contraria al referendum.
Queste sono le ragioni principali della campagna “Presidente, questa è un’emergenza” con cui il Partito Democratico chiede a chi non vuole l’ennesimo strappo al buon senso e un calcio al valore dei soldi, soprattutto quando ce ne sono pochi come in questo periodo di crisi, di inviare una cartolina di protesta contro la scelta di Berlusconi. Con i 460 milioni che si risparmierebbero, il PD propone di potenziare con uomini e mezzi le Forze dell’Ordine, acquistare il carburante per le volanti, riparare quelle ferme perché rotte, e pagare gli straordinari al personale.
In effetti non pare che esistano valide motivazioni razionali per opporsi a questa richiesta se non quelle degli interessi di pochi, e di una persona in particolare, il cui obiettivo rimane quello di svilire l’importanza dell’istituto referendario e ricompattare una maggioranza sfilacciata. Detto in altri termini, a Berlusconi interessa solo evitare che il referendum ottenga il quorum necessario e poco importa se per ottenere il risultato vengano bruciati 460 milioni di euro in pochi giorni.
Durante il suo intervento in Aula della Camera, il segretario Dario Franceschi ha chiarito “che si debba avere, ognuno di noi, ogni forza politica, il coraggio delle proprie scelte politiche, anche se impopolari, anche se faticose da spiegare, come questa del rifiuto allo svolgimento in un unico giorno delle elezioni del 7 giugno, e non invece inventare ipocrisie, arrampicarsi su funzioni giuridiche più o meno improbabili, cercando di coprire invece il merito; e in questo caso il merito è molto chiaro: perché la maggioranza possa stare assieme deve pagare alla Lega il prezzo di un'operazione che attraverso i tempi di svolgimento del referendum ne impediscano, diano la certezza di impedirne l'approvazione, impedire cioè che vincano i sì”.
Poi parlando al Forum organizzato dalla Confcommercio a Cernobbio, il leader del Partito Democratico ha ribadito che "ci hanno detto 'no' anche sull'Election day. Questa è qualcosa che grida vendetta. E tutto - ha concluso - per evitare di raggiungere il quorum al referendum". Ovviamente quella del governo è una scelta per mettere al riparo la tenuta della maggioranza, per non innervosire la Lega contraria al referendum.
Queste sono le ragioni principali della campagna “Presidente, questa è un’emergenza” con cui il Partito Democratico chiede a chi non vuole l’ennesimo strappo al buon senso e un calcio al valore dei soldi, soprattutto quando ce ne sono pochi come in questo periodo di crisi, di inviare una cartolina di protesta contro la scelta di Berlusconi. Con i 460 milioni che si risparmierebbero, il PD propone di potenziare con uomini e mezzi le Forze dell’Ordine, acquistare il carburante per le volanti, riparare quelle ferme perché rotte, e pagare gli straordinari al personale.
giovedì 12 marzo 2009
Franceschini: "Se Berlusconi vince europee
ROMA - "La Sardegna era la prova generale per quello che potrebbe venire dopo. Berlusconi non voleva vincere, ma stravincere. E se stravince alle europee, grazie all'astensionismo e alla delusione nel nostro campo, quello che potrà fare dal giorno dopo è inimmaginabile". Lo dice Dario Franceschini in un'intervista a L'Espresso.
"Cavalco il realismo. Ci sono segnali sufficienti per capire che Berlusconi metterà in campo un disegno di riprogettazione istituzionale, di svuotamento della Costituzione e del Parlamento in chiave decisionista", spiega Franceschini.
Intanto l'Aula della Camera ha bocciato la mozione presentata dal leader Pd sull'istituzione dell'indennità di disoccupazione. L'emendamento era stato fortemente criticato dalla maggior parte degli esponenti della maggioranza anche nei giorni precedenti. Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha definito le proposte del Pd come "assolutamente demagogiche e non responsabili".
Di demagogia ha parlato anche il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: "Demagogia pura perché i redditi sopra 120mila euro l'anno non sono innanzitutto dei redditi straordinari: si colpisce un ceto medio-alto che invece è decisivo per la ripresa dei consumi e dello sviluppo".
"C'è una differenza tra noi e voi. - ha ribadito Franceschini nel suo intervento alla Camera - Noi pensiamo che nella crisi occorre sviluppare la solidarietà di una comunità. Voi pensate che nelle crisi qualcuno si salva e qualcuno soccombe. Noi sappiamo che il Paese si salva tutto o non si salva nessuno".
"Cavalco il realismo. Ci sono segnali sufficienti per capire che Berlusconi metterà in campo un disegno di riprogettazione istituzionale, di svuotamento della Costituzione e del Parlamento in chiave decisionista", spiega Franceschini.
Intanto l'Aula della Camera ha bocciato la mozione presentata dal leader Pd sull'istituzione dell'indennità di disoccupazione. L'emendamento era stato fortemente criticato dalla maggior parte degli esponenti della maggioranza anche nei giorni precedenti. Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha definito le proposte del Pd come "assolutamente demagogiche e non responsabili".
Di demagogia ha parlato anche il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: "Demagogia pura perché i redditi sopra 120mila euro l'anno non sono innanzitutto dei redditi straordinari: si colpisce un ceto medio-alto che invece è decisivo per la ripresa dei consumi e dello sviluppo".
"C'è una differenza tra noi e voi. - ha ribadito Franceschini nel suo intervento alla Camera - Noi pensiamo che nella crisi occorre sviluppare la solidarietà di una comunità. Voi pensate che nelle crisi qualcuno si salva e qualcuno soccombe. Noi sappiamo che il Paese si salva tutto o non si salva nessuno".
mercoledì 4 marzo 2009
Una nuova colata di cemento a Seregno?
La situazione urbanistica di Seregno ci preoccupa sempre di più. Fino ad oggi l’assessore giustificava le enormi volumetrie concesse ai privati nell’ambito dei piani integrati di intervento come riqualificazioni di suolo già edificato.
L’articolo di “Amare Seregno” pubblicato sull’ultimo numero del Seregno informa fa rizzare i capelli. Partendo da un presupposto (la necessità della nuova caserma dei pompieri e della protezione civile), passano all’analisi dei costi (3,6 milioni di euro) sostenendo che tali spese possono essere recuperate nell’ambito di uno scambio pubblico privato (come l’area parà, camiscasca, trapun).
Nell’articolo, che è così preciso sui costi, e dove i rappresentanti di Amare Seregno dichiarano di voler mettere a disposizione le loro competenze, non si dice dove si dovrà fare questa caserma. Come mai?
Il punto è che la caserma oggi è prevista alla porada, non in un’area ex industriale, e la preoccupazione è che nel pgt trasformino quell’area in area residenziale per poter costruire la caserma. Se poi tanto mi da tanto, nell’area ex Trapun per un centinaio di appartamenti, al comune hanno dato 800.000 euro, quindi per averne i 3.600 mila necessari per la caserma, gli appartamenti da costruire dovranno essere 450.
Amare Seregno si dimentica inoltre che solo la settimana scorsa il Sindaco ha individuato nel centro di documentazione ambientale la sede della protezione civile.
Amare Seregno si dimentica inoltre che in campagna elettorale prometteva di risparmiare 40 miliardi di vecchie lire per non fare il palazzo comunale. Il palazzo non l’hanno fatto, non hanno risparmiato una lira, anzi a oggi hanno già speso 4 miliardi di penali. Se è vera la loro promessa, che la caserma la si faccia con i 40 miliardi risparmiati.
L’articolo di “Amare Seregno” pubblicato sull’ultimo numero del Seregno informa fa rizzare i capelli. Partendo da un presupposto (la necessità della nuova caserma dei pompieri e della protezione civile), passano all’analisi dei costi (3,6 milioni di euro) sostenendo che tali spese possono essere recuperate nell’ambito di uno scambio pubblico privato (come l’area parà, camiscasca, trapun).
Nell’articolo, che è così preciso sui costi, e dove i rappresentanti di Amare Seregno dichiarano di voler mettere a disposizione le loro competenze, non si dice dove si dovrà fare questa caserma. Come mai?
Il punto è che la caserma oggi è prevista alla porada, non in un’area ex industriale, e la preoccupazione è che nel pgt trasformino quell’area in area residenziale per poter costruire la caserma. Se poi tanto mi da tanto, nell’area ex Trapun per un centinaio di appartamenti, al comune hanno dato 800.000 euro, quindi per averne i 3.600 mila necessari per la caserma, gli appartamenti da costruire dovranno essere 450.
Amare Seregno si dimentica inoltre che solo la settimana scorsa il Sindaco ha individuato nel centro di documentazione ambientale la sede della protezione civile.
Amare Seregno si dimentica inoltre che in campagna elettorale prometteva di risparmiare 40 miliardi di vecchie lire per non fare il palazzo comunale. Il palazzo non l’hanno fatto, non hanno risparmiato una lira, anzi a oggi hanno già speso 4 miliardi di penali. Se è vera la loro promessa, che la caserma la si faccia con i 40 miliardi risparmiati.
lunedì 2 marzo 2009
Caro Ministro, niente scherzi: il referendum va fatto nell’election day” - Lettera al ministro di Giovanni Guzzetta & Mario Segni
Signor ministro Maroni,
lo scorso dicembre lei annunciò l’intenzione del Governo di accorpare in unica tornata, il cosidddetto “election day ” del 7 giugno, le elezioni europee e quelle amministrative. Lei indicò come primo motivo il forte risparmio che ne sarebbe derivato.Le scrivemmo immediatamente plaudendo alla sua decisione e chiedendo che il governo facesse a questo punto, come ci sembrava logico, il passo successivo, e cioè accorpasse anche il referendum elettorale. Era evidente d’altra parte che il risparmio conseguente al referendum sarebbe stato notevolmente maggiore, dato che interessa tutti i cittadini e non solo, come per queste elezioni amministrative, una parte.
Non c’è stata alcuna posizione ufficiale del governo, se non alcune voci di stampa, che speriamo infondate, le quali indicherebbero l’intenzione di indire il referendum una settimana dopo l’election day, cioè il 14 giugno.
Ma vi è adesso un fatto nuovo. Uno dei più autorevoli centri di ricerca italiani, la “Voce.info”, ha calcolato in 400 milioni di euro circa il costo che subirebbe la collettività da un mancato accorpamento. Il rifiuto di inserire il referendum nell’election day costerebbe quindi all’Italia una somma enorme. E’ superfluo indicare i tanti modi in cui cifre del genere potrebbero essere utilizzate nel pieno della crisi che stiamo attraversando.
E’ stato obiettato che l’abbinamento potrebbe aumentare la percentuale dei votanti, dando così indirettamente un aiuto al referendum per il quale è prescritto un quorum minimo di validità. Ma vi è un modo semplicissimo di assicurare ad ogni elettore, anche in concomitanza con altre elezioni, il diritto di astenersi, scelta perfettamente legittima. E’ sufficiente che il presidente di seggio informi l’elettore, al momento della consegna delle schede, che può rifiutare quella per il referendum votando quindi per le altre elezioni e astenendosi su questo. La non partecipazione al voto assumerebbe in questo caso, come è giusto che sia, il significato di una consapevole scelta. Per assicurare tutto questo è sufficiente una sua circolare.
Non riusciamo a comprendere quali motivi si opporrebbero a questa scelta. Lei sa che l’abbinamento delle elezioni europee con referendum è stato fatto sia Italia, nel 1989, sia in vari altri paesi europei. Lei sa anche che l’election day, non solo per i risparmi, ma anche per la razionalizzazione della vita pubblica, è prassi costante di grandi democrazie. Nello scorso novembre tutti gli italiani hanno visto i cittadini statunitensi votare nello steso giorno per il presidente, per il governatore, per deputati e senatori, e in quasi tutti gli stati per moltissimi importanti referendum.
Siamo dunque fiduciosi che prevarrà una decisione improntata alla ragionevolezza. Per poterle esporre ancora meglio questi argomenti ci permettiamo comunque di chiederle un incontro.Rappresentiamo il comitato referendario, un potere dello Stato secondo quanto riconosciuto dalla Corte costituzionale, il quale ha il diritto e il dovere di rappresentare i cittadini che hanno firmato (820 mila) e il loro diritto a che l’iter referendario si svolga nel modo più corretto e lineare.
Giovanni Guzzetta
Mario Segni
lo scorso dicembre lei annunciò l’intenzione del Governo di accorpare in unica tornata, il cosidddetto “election day ” del 7 giugno, le elezioni europee e quelle amministrative. Lei indicò come primo motivo il forte risparmio che ne sarebbe derivato.Le scrivemmo immediatamente plaudendo alla sua decisione e chiedendo che il governo facesse a questo punto, come ci sembrava logico, il passo successivo, e cioè accorpasse anche il referendum elettorale. Era evidente d’altra parte che il risparmio conseguente al referendum sarebbe stato notevolmente maggiore, dato che interessa tutti i cittadini e non solo, come per queste elezioni amministrative, una parte.
Non c’è stata alcuna posizione ufficiale del governo, se non alcune voci di stampa, che speriamo infondate, le quali indicherebbero l’intenzione di indire il referendum una settimana dopo l’election day, cioè il 14 giugno.
Ma vi è adesso un fatto nuovo. Uno dei più autorevoli centri di ricerca italiani, la “Voce.info”, ha calcolato in 400 milioni di euro circa il costo che subirebbe la collettività da un mancato accorpamento. Il rifiuto di inserire il referendum nell’election day costerebbe quindi all’Italia una somma enorme. E’ superfluo indicare i tanti modi in cui cifre del genere potrebbero essere utilizzate nel pieno della crisi che stiamo attraversando.
E’ stato obiettato che l’abbinamento potrebbe aumentare la percentuale dei votanti, dando così indirettamente un aiuto al referendum per il quale è prescritto un quorum minimo di validità. Ma vi è un modo semplicissimo di assicurare ad ogni elettore, anche in concomitanza con altre elezioni, il diritto di astenersi, scelta perfettamente legittima. E’ sufficiente che il presidente di seggio informi l’elettore, al momento della consegna delle schede, che può rifiutare quella per il referendum votando quindi per le altre elezioni e astenendosi su questo. La non partecipazione al voto assumerebbe in questo caso, come è giusto che sia, il significato di una consapevole scelta. Per assicurare tutto questo è sufficiente una sua circolare.
Non riusciamo a comprendere quali motivi si opporrebbero a questa scelta. Lei sa che l’abbinamento delle elezioni europee con referendum è stato fatto sia Italia, nel 1989, sia in vari altri paesi europei. Lei sa anche che l’election day, non solo per i risparmi, ma anche per la razionalizzazione della vita pubblica, è prassi costante di grandi democrazie. Nello scorso novembre tutti gli italiani hanno visto i cittadini statunitensi votare nello steso giorno per il presidente, per il governatore, per deputati e senatori, e in quasi tutti gli stati per moltissimi importanti referendum.
Siamo dunque fiduciosi che prevarrà una decisione improntata alla ragionevolezza. Per poterle esporre ancora meglio questi argomenti ci permettiamo comunque di chiederle un incontro.Rappresentiamo il comitato referendario, un potere dello Stato secondo quanto riconosciuto dalla Corte costituzionale, il quale ha il diritto e il dovere di rappresentare i cittadini che hanno firmato (820 mila) e il loro diritto a che l’iter referendario si svolga nel modo più corretto e lineare.
Giovanni Guzzetta
Mario Segni
IL PD HA PERSO A SINISTRA
Coloro che, dopo averlo votato un anno fa, oggi si dicono astensionisti, agnostici o molto incerti (circa il 30% della base PD) appaiono elettori consapevoli, istruiti, politicamente coinvolti. Rispetto agli elettori fedeli del PD, si collocano più a sinistra. Si riconoscono nei valori della Costituzione. Sono laici e tolleranti. Ça va sans dire. Oggi nutrono una sfiducia totale nei confronti della politica e dei partiti. Anzitutto verso il Pd, per cui hanno votato. Per questo, non si sentono traditori, ma semmai traditi.
Ilvo Diamanti, La Repubblica 1 marzo 2009
Ilvo Diamanti, La Repubblica 1 marzo 2009
Iscriviti a:
Post (Atom)