Signor ministro Maroni,
lo scorso dicembre lei annunciò l’intenzione del Governo di accorpare in unica tornata, il cosidddetto “election day ” del 7 giugno, le elezioni europee e quelle amministrative. Lei indicò come primo motivo il forte risparmio che ne sarebbe derivato.Le scrivemmo immediatamente plaudendo alla sua decisione e chiedendo che il governo facesse a questo punto, come ci sembrava logico, il passo successivo, e cioè accorpasse anche il referendum elettorale. Era evidente d’altra parte che il risparmio conseguente al referendum sarebbe stato notevolmente maggiore, dato che interessa tutti i cittadini e non solo, come per queste elezioni amministrative, una parte.
Non c’è stata alcuna posizione ufficiale del governo, se non alcune voci di stampa, che speriamo infondate, le quali indicherebbero l’intenzione di indire il referendum una settimana dopo l’election day, cioè il 14 giugno.
Ma vi è adesso un fatto nuovo. Uno dei più autorevoli centri di ricerca italiani, la “Voce.info”, ha calcolato in 400 milioni di euro circa il costo che subirebbe la collettività da un mancato accorpamento. Il rifiuto di inserire il referendum nell’election day costerebbe quindi all’Italia una somma enorme. E’ superfluo indicare i tanti modi in cui cifre del genere potrebbero essere utilizzate nel pieno della crisi che stiamo attraversando.
E’ stato obiettato che l’abbinamento potrebbe aumentare la percentuale dei votanti, dando così indirettamente un aiuto al referendum per il quale è prescritto un quorum minimo di validità. Ma vi è un modo semplicissimo di assicurare ad ogni elettore, anche in concomitanza con altre elezioni, il diritto di astenersi, scelta perfettamente legittima. E’ sufficiente che il presidente di seggio informi l’elettore, al momento della consegna delle schede, che può rifiutare quella per il referendum votando quindi per le altre elezioni e astenendosi su questo. La non partecipazione al voto assumerebbe in questo caso, come è giusto che sia, il significato di una consapevole scelta. Per assicurare tutto questo è sufficiente una sua circolare.
Non riusciamo a comprendere quali motivi si opporrebbero a questa scelta. Lei sa che l’abbinamento delle elezioni europee con referendum è stato fatto sia Italia, nel 1989, sia in vari altri paesi europei. Lei sa anche che l’election day, non solo per i risparmi, ma anche per la razionalizzazione della vita pubblica, è prassi costante di grandi democrazie. Nello scorso novembre tutti gli italiani hanno visto i cittadini statunitensi votare nello steso giorno per il presidente, per il governatore, per deputati e senatori, e in quasi tutti gli stati per moltissimi importanti referendum.
Siamo dunque fiduciosi che prevarrà una decisione improntata alla ragionevolezza. Per poterle esporre ancora meglio questi argomenti ci permettiamo comunque di chiederle un incontro.Rappresentiamo il comitato referendario, un potere dello Stato secondo quanto riconosciuto dalla Corte costituzionale, il quale ha il diritto e il dovere di rappresentare i cittadini che hanno firmato (820 mila) e il loro diritto a che l’iter referendario si svolga nel modo più corretto e lineare.
Giovanni Guzzetta
Mario Segni